Livorno: un Porto che cambia nel vuoto culturale e nella disinformazione degli organi di stampa

15.02.2015 17:48

Considerazioni generali (Osservatorio Legalità democratica)

Come sappiamo la pianificazione dell'area portuale è ferma al 1953. (cercare al riguardo nel sito nostro precedente articolo "La palude magmatica del Porto di Livorno"). Da allora, e questo è meno noto, si è proceduto con piani di opere. Non che ciò rappresenti a priori un male. Stiamo parlando di un quadro  evolutivo, e per certi aspetti estemporaneo, che ha fatto prevalere le singole esigenze sull'organicità degli interventi. Oggi siamo ormai prossimi, salvo sorprese, all'approvazione della Variante Anticipatrice al Piano Strutturale e R.U.  di Livorno (di competenza comunale) necessaria per consentire la piena implementazione del Prg portuale (atto di programmazione complesso). La nuova Amministrazione Comunale a 5 Stelle ha giustamente evitato un'approvazione a scatola chiusa della Variante già "adottata" dallo scorso Consiglio Comunale (quello controllato dal Pd e dal Sindaco Cosimi) con procedure e tempistiche come al solito velocissime, mai ponderate in un dibattito pubblico  e semmai eterodirette dall'Autorità Portuale di Livorno presieduta dall'Avvocato genovese Giuliano Gallanti. Uno dei due grandi genovesi (l'altro è Aldo Spinelli, anche lui operatore portuale) che per un motivo e per l'altro "controllano" le magnifiche sorte e progressive della realtà labronica. Ma poi la voce grossa della Regione Toscana, che ha minacciato di esercitare i poteri di approvazione sostitutivi certificati dalla nuova Legge Urbanistica Toscana, e il pressing del quotidiano locale "Il Tirreno" e della sinistra portuale, pregiudizialmente favorevole per motivi di cassa al nuovo Eldorado della Darsena Europa, hanno indotto lo stesso Sindaco Nogarin ad accelerare il cronoprogramma di approvazione della Variante Urbana in questione (fra Commissioni, Consiglio Comunale e strutture tecniche di riferimento provinciale e regionale). Iter che dovrebbe concludersi entro il 15 del mese di marzo. (in precedenza era stato previsto un limite al 31 di marzo, quando la Giunta Regionale e il Consiglio regionale sarebbero già entrati in sonno per le attesissime (dal Quotidiano "Il Tirreno") elezioni regionali che dovrebbero segnare il trionfo del Presidente Enrico Rossi, recentemente convertitosi, forse anche per motivi di opportunità politica, alla dottrina renziana). Tutta questa improvvisa accelerazione si innesta, come dicevamo, in un ambito, quello portuale, dove nel corso di questi lunghissimi anni dominati da elementi di egemonia culturale, compensazione affaristica e far west nello stesso reclutamento di manodopera in banchina, la matita del progettista ha avuto difficoltà ad entrare. Dove poi quest'ultima, per forze di cose, non è riuscita ad entrare, sono intervenuti gli aggiustamenti amministrativi (lo stesso Presidente uscente dell'Autorità Portuale di Livorno  Gallanti si è mosso in questa direzione) sul regime delle concessioni e sulla assegnazione degli accosti per bilanciare e mettere in freezer le richieste di questo o quell'operatore. Mentre come noto su Porta a Mare (vero oggetto della Variante), con un Piano Particolareggiato in scadenza, si è proceduto nel Luglio 2013  a rilasciare le concessioni  del Porto Turistico alla Società Porta a Mare controllata da Azimut Benetti (ex Stu). Il Comune di Livorno, da parte sua, a ad una settimana dalla conclusione della scorsa legislatura, e nel silenzio generale, (2009/2014) prorogava a tempo indeterminato i permessi di costruzione (a favore di Igd Immobiliare)  sulle aree oggetto della trasformazione urbana. Aree che la Variante attualmente in discussione per la definitiva approvazione scorpora dai vecchi sub ambiti. Le  riconduce infatti ad un sottosistema territoriale  unitario differenziandolo dal comparto del Porticciolo della Bellana e dall'enclave di una Stazione Marittima-Fortezza Vecchia di vocazione prevalentemente commerciale, accreditata di ben 45.500 mq di superficie edificabile. Una sorta di grande incoming service, insomma, distinto dal vero e proprio terminal crociere, previsto nel Porto Operativo, in cui dovrebbero insistere anche le residuali funzioni (dall'ex Porta a Mare del 2003) di natura turistico-ricettiva. (alberghi e foresterie). Di fatto, su Alto fondale, Molo Italia e le singole "calate" abbiamo assistito ad interventi che hanno anticipato gli effetti di una zonizzazione pianificata. Mentre nessuna novità è pervenuta sul fronte dei bacini di riparazione, tuttora nella piena disponibilità di Azimut Benetti  e ancora orfani di una seria regolamentazione d'uso. I bacini, come tali, non sono riguardati dalla Variante Anticipatrice del Comune di Livorno, ma risultano insediati nel Porto Operativo. Nelle more dei timbri definitivi, che saranno apposti dal Consiglio Regionale della Toscana prima del suo assopimento funzionale, o stesso Gallanti, come ha più volte dichiarato in pubblico, ha proceduto alla progettazione del primo stralcio funzionale della Darsena Europa (poi definito impropriamente Darsena Light), in attesa di conoscere quale profilo uscirà dalla previsione urbanistica definitiva del cosiddetto Porto Operativo. Tra un balletto mediatico e l'altro peraltro (cui non sono state indifferenti le generiche pressioni del Quotidiano Locale "Il Tirreno", non nuovo a questa sorta di lobbismo marittimo-portuale -si ricordi il fiancheggiamento di Azimut Benetti al tempo dell'acquisizione del Cantiere Orlando-), non pare chiaro con quali finanziamenti si procederà a progettare e a cantierare la grande Darsena che si espanderà a nord fino alle foci dello Scolmatore lambendo il territorio industriale pisano. Con  evidente impatto ambientale sul regime dei traffici e sulla stessa morfologia della costa interessata dal prelievo dei materiali terrosi e dalla realizzazione di escavi a getto continuo. Impatto ambientale velocemente negato da studi ambientali come al solito accomodanti e tecnicamente discutibili. Esattamente come accadde per il gassificatore off-shore, quando a fare la parte del leone fra gli pseudo-estimatori del  rischio ambientale fu, su commissione del Comune di Livorno, il solito Consorzio Interuniversitario di Biologia Marina dello Scoglio della Regina, costantemente a caccia di fondi per alimentare la propria misteriosa attività di monitoraggio delle acque.

 

CONSIDERAZIONI TECNICHE DI SIMONA CORRADINI

Oggi sappiamo che in sede di programmazione l'intelligenza migliore consiste nel riuscire ad integrare e controllare visione, piani e progetti e singole opere, finanche la manutenzione dell'edificato; senza cioè confinare l'esistente alla "manutenzione", nè utilizzare la trasformazione per far tabula rasa dell'esistente, eliminando  vincoli e preesistenze. Detto questo, dal 2003 sono cominciati gli studi per il nuovo Piano del porto, che, essendo stato sottoposto a valutazione ambientale strategica, ci è stato proposto come strumento di pianificazione del territorio portuale con tutto ciò che implica tale enunciato. Il Piano del Porto così come la variante al PRG (Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico) ci appaiono come un omogeneizzato (sì quello in cui non si distinguono i sapori) in cui le vicende trascorse dal '53, quanto alla relazione più o meno "spontanea" fra porto e città, si confondono nello spazio e nel tempo. La sensazione, da un punto di osservazione tecnico, è che  gli atti (e le prassi che ne sono conseguite) rivivano e si risolvano nella proposta progettuale di Autorità Portuale e Comune di Livorno, ma vengano ridotti ad un racconto sterile, privo di poesia, in cui città e porto ci appaiono qualcosa di estraneo e si fatica obiettivamente a riconoscere il vissuto di un legame così stretto e necessariamente bidirezionale. E' vero, si dirà, il Piano del porto è cosa complessa, è roba da addetti ai lavori, specie per la parte che riguarda le banchine e i terminal che sono un mondo a parte. Ma ciò non ci esime dal raccontare "meglio" per comprendere di più, nel quadro di una vera e propria sfida culturale, sia pure giocata a posteriori degli atti di pianificazione eventualmente approvati, ma con un occhio di riguardo all'adozione dei Piani Attuativi di Trasformazione che seguiranno. Un passaggio che deve tornare al centro del dibattito cittadino. Quello vero. Da non delegare preventivamente ai social e ai media politicamente schierati. Perciò riteniamo utile non smettere di ri-scrivere sul tema della pianificazione del porto e della città per decifrare quello che si sta configurando come un episodio enigmatico e intrigato, che segnerà i destini di Livorno.

 

Occorre dunque separare per comprendere, distinguere per non semplificare; una nuova metodologia di approccio che proponiamo, oltre la disinformazione mediatica, "altrimenti " se ne esce malconci".

Sulle questioni di impostazione generale si è già detto e in sintesi. Non riteniamo perspicace aver eliminato la Porta a Mare come sottosistema di più aree, tradendo l'obiettivo strategico del Piano. Il Piano particolareggiato "Porta a Mare" è stato approvato nel 2003 e ed ha subito innumerevoli variazioni fino a tre giorni prima delle elezioni del 2014, ma è comunque un percorso già avviato, con un proprio quadro normativo di riferimento e di conformità urbanistiche. E' quindi necessario comprendere che cosa e quanto del  Piano Particolareggiato Porta a Mare, a dieci anni dalla sua approvazione, è stato realizzato, considerando sia le singole opere già concessionate, prorogate in base all'art.30 del DL 69/2013, sia il fatto che gli ulteriori stralci funzionali del Piano possono essere attuati in base proprio grazie alla proroga del cosiddetto Decreto Sviluppo del 2013. L'ideale sarebbe avere una fotografia del "realizzato" fino ad oggi, uno "stato di attuazione" e "uno stato di diritto intermedio", così da non confondere il già realizzato con l'esistente e con le previsioni della Variante. Ciò  in base al materiale disponibile e consultabile online, in cui peraltro tra l'elenco delle carte non vi è uno "stato di attuazione" al momento di adozione. Tutto questo anche al fine di valutare i margini di  completamento del piano particolareggiato a suo tempo approvato. "Distinguere"  ci consentirebbe a livello culturale di tenere traccia del pregresso, di mantenere un carattere identitario per tutta l'area, evidenziando meglio la sua evoluzione in modo da non sovrapporre piani e progetti già in corso di attuazione con preesistenze e piani intermedi. Una sequenza fino ad oggi non governata, se non dalla cogenza dei finanziamenti "da non perdere" e dei posti di lavoro da incrementare o salvaguardare, che ha generato però anticipazioni tramite varianti e determinato la mancanza di un quadro concettuale di coerenza. Ciò vale anche per la trasformazione del Porto Mediceo in approdo turistico. Il progetto è già stato approvato, con un iter conclusosi nel 2010, in variante al Piano del porto del '53 e già sottoposto a Valutazione di impatto ambientale. Risulta quindi fortemente legato sotto il profilo urbanistico al Piano Porta a Mare per quanto riguarda le dotazioni di parcheggio, la viabilità, il recupero delle preesistenze, il cronoprogramma e l'iter di realizzazione complessivo connesso ad un progetto esecutivo di recupero di tutto l'ambito Mediceo ed ex cantiere, come prescritto dal Ministero nel 2009. Inutile ricomprenderlo nella variante come "accade oggi". Si rischia di fare una gran confusione, procedendo a ritroso. Meglio semmai inserire un ulteriore strumento di dettaglio, più operativo e di gestione. Più interessante per la Variante comunale quindi concentrarsi sulle parti non attuate, sapendo che per la Porta a Mare esiste già uno strumento di dettaglio e che per la parte portuale c'è una Variante al PRP, comprensiva degli adeguamenti tecnico-funzionali dal '55 al 2005. Da lì occorre ripartire per integrare le previsioni con elementi nuovi, distinti da ciò che è già attuato (P.ta a Mare e Mediceo) e rapportandosi ad essi in modo dialettico. Meglio gettare le basi dunque per una grande operazione di ricucitura e recupero dello spazio urbano tramite una Variante se possibile da "riadottare". Un atto nuovo e dinamico che possa consentire di uscire dal "loop" della relazione città-porto, oggi troppo "compressa tra una visione "porta a mare centrica", con il commerciale che pervade tutto, stazione marittima compresa, e la mancanza di un progetto di territorio collegato al "mito" della darsena Europa con aree e servizi degne di questo nome.