Vitelli, gli yachts, i sindacati e il deserto della Porta a Mare

04.02.2013 12:22

Monti cala l'asso e a Livorno propone Paolo Vitelli, il leader nazionale della nautica di lusso e patron di Azimut Benetti, l'azienda che rilevò il Cantiere Orlando nel 2003 con la prospettiva di realizzarvi anche un Porto Turistico da 600 posti barca dopo avere assunto, contestualmente ed in seguito ad una trattativa fiume con il Comune e l'Autorità Portuale di Livorno, la partecipazione ultra maggioritaria dell'ex Società di Trasformazione Urbana. Quest'ultima poi assunse la denominazione di Porta a Mare SPA. Sono circa 16 i potenziali conflitti d'interessi attribuibili ai candidati eccellenti della Lista Monti e Vitelli (di cui si erano perse le tracce a Livorno in questi anni), è realisticamente uno di questi. La lectio di Monti appare segnatamente questa. Dunque, non solo tasse, pensioni posticipate e licenziamenti per i poveri cristi (nella adesione rigorosa alla lettera della Bce dell'agosto 2011 che, fra l'altro, delegittimò Berlusconi e la sua compagnia di giro, Tremonti compreso), ma anche una concezione flessibile della ragion di Stato, in cui la leadership di un settore di mercato deve accompagnarsi con i buoni uffici dell'intermediazione istituzionale (Dal Quirinale al Municipio di una città in crisi). La partita in gioco sono ovviamente i rapporti commerciali con l'estero e le sovvenzioni all'esportazione dei beni di lusso, che tanta parte hanno avuto nella crescita costante della Germania merkeliana di questi anni. Boeri parla non a caso di "svalutazione fiscale" a sostegno delle esportazioni, una condizione ambientale sostenuta da due presupposti funzionali; una valuta competititva (l'euro dell 'Europa settentrionale, ben più pesante della omologa valuta in corso negli Stati mediterranei) e una forte capacità di credito delle banche, allora, nel 2011/2012, ridotte in chiara sofferenza finanziaria dagli effetti della crisi internazionale e dall'acquisto dei titoli di Stato(spazzatura) di Paesi (come Italia, Grecia, Spagna) gravati da un debito che eccedeva di gran lunga la capacità di produrre e redistribuire ricchezza al proprio interno. Da qui, come noto, la battaglia dello spread (il differenziale dei tassi sui titoli a medio termine fra Italia e Germania),utilizzata come leva per chiedere al nostro Paese impegni che l'allegra brigata di Berlusconi e Tremonti non avrebbe potuto assumere. Da qui anche la successiva strategia di Monti, l'uomo che avrebbe dovuto/voluto aggravare la pressione fiscale interna per migliorare il rapporto fra fabbisogno pubblico e Pil, trasferire risorse alle banche fortemente indebitatesi anche per sovvenzionare la finanza pubblica (il Monte dei Paschi una di queste) e sperare nel finanziamento di una crescita che però non è mai arrivata. Una circostanza che determinato ulteriore sconcerto e arretratezza nei ceti "medi" che avrebbero dovuto sostenere la domanda interna. Oltretutto la tassazione di questo ultimo anno ha colpito pesantemente anche lo stazionamento delle barche nei porti turistici di ultima generazione (fra questi ci sarebbe dovuto essere anche Livorno che però dorme da dieci anni) determinando la fuga verso altri lidi dei concessionari o affittuari di posti barca. E allora la plateale adesione di Vitelli a Monti (con relativa candidatura parlamentare) apre una nuova fase della politica italiana. Un profilo molto diverso dalla torsione berlusconiana di un ventennio fa. Con un protagonismo che tende a non accontentarsi dell'intermediazione istituzionale e talvolta giurisdizionale (come avvenne pesantemente per la Porta a Mare di Livorno). Ma a farsi esso stesso parte integrante di un processo che, in nome della cosiddetta innovazione, associa la fiscalità di vantaggio per il proprio prodotto alla relativa politica commerciale con un forte interessamento dello Stato per le sorti di uno specifico imprenditore. Resta da domandarsi che ruolo possano avere i territori, cioè la condizione logistica sulla quale l'imprenditore investe per produrre, in tutto questo. In questi anni Vitelli ha potuto assolvere il suo portafoglio ordini in assoluta tranquillità, con il plauso sistematico dei media e degli stessi sindacati. Ma intorno, come sappiamo, degradavano i beni demaniali (i bacini), mentre si allontanava la prospettiva del Porto Turistico, di cui nel 2003 si magnificavano sui soliti organi di stampa  le potenzialità dell'indotto. E di riflesso, per paradosso, si consolidava l'area residenziale (sub ambito Mazzini), già oggetto di una cessione (da Vitelli alla Lega della Cooperativa) che avrebbe consentito al neo candidato di Monti di remunerare il proprio acquisto/investimento in coda alla drammatica vicenda del Cantiere. Ne è scaturita una situazione paradossale con un parziale beneficio per l'occupazione (quella applicata alla costruzione di mega yachts), ma con il Piano Attuativo della Porta a Mare, che nella sostanza ricalcava le "clausole urbanistiche" di Vitelli alla presentazione delle offerte d'acquisto per rilevare il Cantiere Orlando, rimasto allo stato di conato intenzionale. Esempio plastico di come non basti invocare l'Uomo della Provvidenza per "dare la scossa" a una produzione in crisi o a un territorio. Il deserto della Porta a Mare sta li' a ricordarcelo.