Tempi duri/4: Sospendere il Giubileo

16.11.2015 10:42

Condividiamo chi afferma che il Giubileo vada rinviato o addirittura annullato. Lo avevamo già detto qui sotto quando l'evento era stato segnalato dalla propaganda permanente di Palazzo Chigi per evocare una più generale occasione di riscatto per la città di Roma. Un rilancio da cartolina, da farsi "religiosamente" sotto l'alto Patronato dei due commissari governativi ad acta, Gabrielli e Tronca, cui nelle ultime settimane il Governo, dopo avere latitato con lo sfortunato Marino, non ha lesinato cospicui aiuti finanziari fino all'ultima trovata del Decreto "Happy Days". Nelle pieghe di questo provvedimento, che ha visto la luce pochi minuti prima della strage di Parigi, è stata prevista una pioggia di milioni, circa 150, per un fantomatico dopo Expo e ulteriori 200, dopo gli 80 iniziali, appunto per le opere di sistemazione logistica della Città di Roma in previsione dell'anno giubilare. Da tempo infatti nella mistica renziana e della triade collegata di Via Solferino (Mieli Severgnini Cazzullo) il modello Expo, oltre a sostituire la ratio della Costituzione Repubblicana, basata come noto sul bilanciamento dei poteri, dovrebbe servire per governare eventi con un altissimo concentramento territoriale di visitatori, fedeli o semplici curiosi. Tutta gente da rassicurare e da mettere preventivamente al riparo da ogni pericoloso sentimento di paura. Tutta gente da mettere in fila, insomma. L'attacco di Parigi, peraltro  prevedibile dopo le azioni di guerra transalpine in Siria, ha ovviamente mischiato le carte. Dimostrando come Isis sappia selezionare i propri obiettivi con scrupolo mediatico e quella "geometrica potenza" che abbiamo già subito nella stagione del terrorismo nazionale. Infischiandosene ovviamente delle vite umane per alzare la soglia ambientale del terrore. Affermare, come fanno alcuni prelati e la stessa Pinotti, suo malgrado Ministro della Difesa, che il Giubileo è una straordinaria occasione per "non dargliela vinta", è una emerita schiocchezza. Si tratta allora di smetterla di minimizzare e di soffiare nelle vele di quell'ottimismo di cui si nutre stoltamente il "modello expo". Non è una questione di "paura", nè di arretramento rispetto alla campagna di terrore del Califfato. Ma di profondo rispetto nei confronti di un Paese e in particolare dei cittadini di Roma (e non solo) che nello spazio di un mattino si troverebbero centrifugati dalla necessità organizzativa di contrastare la benchè minima ipotesi di attentato terroristico contro tutti gli obiettivi sensibili della vita quotidiana. La militarizzazione della capitale per garantire l'incolumità dei pellegrini, insomma. C'è qualcosa che non quadra in questa proporzione pur dando atto che le libertà di culto vanno garantite. Purtroppo allo stato attuale delle cose, il braccio armato di Isis si muove come e quando vuole, sfruttando la propaganda del web ed una ramificazione militare che in Europa mette a nudo ogni giorno di più la debolezza e la mediocrità strategica dei Governi Nazionali di fronte al tema della prevenzione del terrore. Quando poi si mettono nel mirino gli stadi, i teatri o le piazze allora è allarme rosso. Noi questa cosa l'abbiamo già vissuta (a Roma e a Firenze) tra il 92 e il 93 con la stagione mafiosa del terrore. Qualcuno parli al Papa. Incredibile che non l'abbia fatto ancora nessuno.