Stabilità per legge: il bastone e la carota

16.10.2012 09:36

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Tito Boeri su Legge di stabilia'.mp3 (1,3 MB)

 

Quanto è accaduto con la Legge di Stabilità non può sorprendere chi aveva (come Boeri qui a fianco e sopra nella registrazione) un'idea corretta delle quantità ancor prima che il Governo (o meglio Monti e Grilli con la maestrina Fornero temporaneamente nell'angolo) ponesse mano allo pseudo riequilibrio di ottobre. Esaurita la missione del contenimento dello spread con il determinante contributo di Draghi ed un ruolo sempre più dirigista della Bce (ma lo spread continua ad attestarsi su quota 350 con un forte aggravio di interessi sul nostro debito pubblico ed un conseguente onerosissimo impegno per le casse dello Stato), il Governo avrebbe dovuto "lavorare" sulle previsioni di crescita per ridurre drasticamente e in tempi rapidi la forbice tra il deficit dei conti pubblici e l'effettiva ricchezza nazionale prodotta. Quest'ultima, però, nonostante i peana dei grandi gruppi editoriali e la protezione bipartisan della politica istituzionale, in questi mesi si è ulteriormente contratta di un punto e mezzo generando il panico ai vertici della Tesoreria dello Stato. A quel punto, dovendo mettere nel conto comunque almeno 8 miliardi da recuperare per ovviare alle minori entrate da errate previsioni di crescita, il Governo (o chi per esso) ha scelto di non prevenire l'inevitabile aumento dell'Iva dal primo luglio 2013 (patata bollente semmai per il premier che verrà) nelle aliquote strategiche del 10 e del 21% orientando buona parte dei 6,5 miliardi necessari per abbattere il punto di Iva nello sconto Irpef previsto per i redditi che si collocano tra i 15.000 e i 30.000 euro. Boeri infatti nel suo intervento "sui tesoretti nesistenti" aveva evidenziato come ogni punto di prelievo scontato sarebbe costato all'erario in termini di minori entrate almeno due miliardi e mezzo di euro per anno. Cinque miliardi, insomma, che risultano ampiamente compensati dall'incremento esponenziale dell'Iva (e in modo particolarmente odioso sull'Iva che grava sulle prestazioni assistenziali e socio sanitari dei soggetti convenzionati col sistema pubblico) e ovviamente dai saldi dell'Imu (che in buona parte è versata dagli stessi soggetti interessati dal mini sconto Irpef) e dell'Irpef relativo alle aliquote medio alte che restano invariate. Se a questo quadro aggiungiamo la revisione del sistema delle detrazioni e delle deduzioni fiscali (al momento retroattiva) che interessano per lo più gli stessi redditi (e gli stessi nuclei familiari) interessati dallo sconto Irpef (senza sottovalutare gli annunciati tagli alla Sanità Pubblica, il congelamento dei contratti pubblici a tutto il 2014 e il pesante intervento sul salario accessorio dei dipendenti degli Enti Previdenziali), non possiamo non immaginare un altro anno di lacrime e sangue per i tartassati di sempre. Ed un dilatarsi dell'area della cosiddetta incapienza non assistibile da trattamenti pensionistici. E' stato stimato da fonti autorevoli che il saldo di queste operazioni con il fisco dovrebbe costare un incremento annuo per famiglia di circa 100 euro. Se a questo aggiungiamo l'impoverimento reddituale del ceto medio e la oggettiva perdita del potere d'acquisto (in relazione ai consumi gravati da Iva maggiorata), ci domandiamo se nel contesto di questo manovra sia più evidente il bastone dei tagli o la carota dello sconto Irpef. Il bastone di un welfare che sta progressivamente scomparendo o la carota dell'abbattimento del cuneo fiscale delle retribuzioni (per dirla con Boeri) e del conseguente alleggerimento competitivo delle nostre esportazioni (che non possono essere più aiutate dalla svalutazione delle moneta nazionale). La sensazione finale è che l'operazione sia riuscita, ma che il paziente stia li li per lasciarci le bucce. Mentre, al di là dell'eco di qualche scandaletto a orologeria emerso per stabilizzare il manovratore, i costi della politica "federata" rimangano sostanzialmente invariati.