Politica e media a Livorno: gli autogol di Cruschelli

23.09.2013 19:16

Cosa sia o cosa debba significare "la Nazione" a Livorno è un enigma che molti di noi si portano dietro da un tempo immemorabile. La sensazione è che sotto il controllo locale di Cruschelli il foglio fiorentino abbia cambiato decisamente passo. E non importa come. Differentemente dal "Tirreno", La Nazione non vuole diventare "il giornale dei cittadini". La Nazione si occupa "di politica", ma stenta  a fare politica. Nel senso che si occupa, preferenzialmente, di coloro che la politica dovrebbero farla. Nel novanta per cento dei casi senza riuscirci. E la differenza non è di poco conto. Se l'inceneritore culturale di Viale Alfieri oggi come oggi si limita a "eterodirigere" chiunque rappresenti il Pd nella sfortunata contingenza di una città in evidente declino, il foglio diretto da Cruschelli ha scelto il format della "cronaca in diretta". Cioè la formula del pissi pissi bao bao fatto magari ad onta del Pd e zone collegate, stando attenti però a non marcare mai alcun elemento di delegittimazione del sistema. Ne scaturisce un effetto paradossale. Gli eterodirettori del Tirreno, che pure sono tutt'uno con i ben noti meccanismi di formazione paraistituzionale del consenso, talvolta "strappano" avendo in mano sondaggi poco rassicuranti sulla tenuta del Pd. Per questo l'inceneritore di Viale Alfieri "si fa volentieri carico" dei problemi di cittadini stando attento a orientarne le soluzioni. Nel terrore che a occuparsene siano magari liste civiche "naturali" (non quelle civetta che stanno impazzando fra le matrioshke della sinistra) oppure quanto resta localmente della sterile e confusionaria esperienza di Grillo, "Il Tirreno" istruisce il problema e poi lo consegna come se fosse un pacco postale all'Assessore competente, sottraendolo mediaticamente all'intermediazione di autonomi soggetti territoriali. A Cruschelli questo gioco non interessa. Cruschelli non "strappa" mai, anche perchè, al pari del centro destra locale, non ha ancora capito quale sia il suo vero nemico. Se l'immutabile centro sinistra come tale o la galassia dell'indignazione civile che rischia di delegittimare il sistema. Per quanto diffidi dei movimenti di protesta e dei comitati sociali in misura probabilmente superiore a quella del trust di Viale Alfieri, Cruschelli, "teme" comunque il Pd nella sua configurazione sistemico-istituzionale. E, al pari del sodale Tamburini, non ha alcuna intenzione di confliggere frontalmente con esso. Sceglie piuttosto di aggirarlo, come ha fatto con esiti infausti sostenendo in modo ossessivo (salvo poi pentirsene) le campagne di Renzi o valorizzando in misura abnorme la singolare figura di Mauro Grassi, l'uomo che è venuto a Livorno su invito di Cosimi per farsi una carriera politica. Sappiamo come è andata a finire. Con Cruschelli si sceglie cioè di dare fiato alle trombe di improbabili oppositori sistemici interni allo stesso Pd, descrivendone qualità inesistenti o aspirazioni smisurate, come nel caso dell'ultimo "eroe" della serie, un certo Alberto Lenzi (il nuovo Grassi della situazione) atterrato a Livorno dalla vicina Pisa con tessera Pd per promuovere il fantomatico gruppo "Uniti per cambiare", il solito presunto cuneo "da sinistra" nella solida cresta degli apparati Pd. In questo quadro non esaltante Cruschelli coltiva comunque una certezza. L'inossidabile passione per le figure autoritative, tipo quella di Cosimi (definito "il generale coraggioso")  o quella pittoresca di De Filicaia, il portuale segretario del Pd che evidentemente incarna nell'immaginario "franchista" di Cruschelli la figura di uno spavaldo e irriducibile conducator delle masse litoranee. Gente con le palle, insomma, capace di porre un argine anche a quei "forcaioli di sinistra" che rappresentano l'ossessione di Cruschelli. E che non si sa bene che posto abbiano nel suo confuso immaginario, costellato di "me ne frego" pavoliniani (al pari di Tamburini) e di rispettosa condiscendenza verso l'impunità berlusconiana (in generale)  e la flagranza dei conflitti di interesse in salsa labronica (come quelli clamorosi delle Assessore Comunali Maijdi e Colombini) verso cui avrebbe fatto egregiamente scudo il Generale Cosimi in una delle sue allocuzioni riservate.   

 

Franco Revelli