Persone e pressioni. Una Var per la politica
LA FUNZIONE RIEDUCATIVA DELL'ARBITRAGGIO
Un po' di tempo fa mi trovavo a Parigi e rimasi colpito da una trasmissione televisiva che raccontava al grande pubblico i sistemi di riabilitazione "alla legalità" che erano in uso, per una determinata casistica di reati, negli Istituti di Prevenzione e Pena della regione parigina. Insomma, alcuni condannati espiavano parte della propria pena "arbitrando" partite di calcio che venivano organizzate a questo scopo all'interno degli stabilimenti di pena. Immaginatevi un corrotto o un concussore, ma anche un condannato per reati finanziari, tipo l'insider trading di cui si è parlato in occasione del decreto di trasformazione delle banche popolari in Spa, alle prese col fischietto per regolamentare il normale svolgimento di una partita di calcio. Lui, l'uomo (o la donna) colpito/a dalla sanzione sociale e mediatica del reato, che per recuperare la propria dignità reputazionale e giuridica applica a sua volta un complicato regime sanzionatorio nei confronti di potenziali trasgressori delle regole della partita sociale, in quel caso "scalata"al livello di una partita di calcio.
LA SECONDA POSSIBILITA
Un modo sicuramente serio di giocarsi una seconda possibilità all'atto del proprio reinserimento nella cosiddetta società civile, una volta scontata la pena convenzionale. Un esempio probabilmente banale per capire come l'esecuzione (interna o esterna) della pena passi attraverso la ritrovata consapevolezza di potere essere determinanti un giorno nella mediazione di un conflitto, nella prevenzione di un danno patrimoniale, nella possibilità insomma di non subire passivamente gli eventi conseguenti ad un accordo verbale o ad un contratto finito male,ma di potere essere a nostra volta "arbitri" di qualche cosa.
L'USO POLITICO DELLA FUNZIONE ARBITRALE
Del resto quante volte, uscendo dalla metafora rieducativa, politici ed amministratori hanno reagito ad uno scivoloso imprevisto, cercando essi stessi di diventare "arbitri" di una situazione che stava sfuggendo loro clamorosamente di mano. Lo ha fatto Berlusconi, scudandosi dietro quel ruolo di capo del Governo, acquisito per via democratica, che gli avrebbe però consentito di sanare i debiti delle proprie aziende e poi di quotarle in Borsa; lo ha fatto Renzi, quando ha cercato di utilizzare l'Arma dei Carabinieri per mettere un cappello definitivo su quella vicenda Consip che avrebbe coinvolto il padre e un suo fedelissimo posto politicamente a capo della centrale acquisti della Pubblica Amministrazione; lo ha fatto il sottosegretario Boschi, quando ha interpellato perfino la Consob, diventando di fatto arbitra di acquisizioni bancarie, per venire a capo della situazione pre fallimentare dell'Istituto di cui era amministratore suo padre. In un certo senso lo ha rifatto Renzi con la soffiata sui titoli delle Popolari prossime alla quotazione in Borsa a favore del brooker di De Benedetti, con Consob e Procura di Roma che però hanno rapidamente escluso pressioni governative rispetto ad una operazione di palese insider trading partita da Palazzo Chigi.
SINDACO, ARBITRO O DOMINUS?
Lo hanno fatto ahinoi, salvo assoluzioni e proscioglimenti, anche Virginia Raggi e Filippo Nogarin, quando, per svincolarsi la prima dal controllo intimidatorio dei fratelli Marra sulle nomine in Campidoglio e per ristrutturare il secondo (sempre nel quadro di uno spoil system all'americana) un servizio di protezione civile comunale che avrebbe però dimostrato la propria inadeguatezza di fronte alla tragica alluvione di settembre, sono diventati loro malgrado arbitri di una situazione che ormai deviava da un rigoroso rispetto della norma amministrativa, con possibili conseguenze di tipo penale. Fermo restando che l'impunità "governativa", di cui ricorrono migliaia di esempi di ogni colore, non si sedimenterà mai al livello di una amministrazione locale, dove se sei condannato in primo grado te ne devi comunque andare. (non prima)
LA POLITICA SI ANNETTE LE FUNZIONI ARBITRALI
E' questo uno scenario molto simile, per l'appunto, a quello in cui l'arbitro, non a caso definito il "direttore di gara", è chiamato a decidere in una frazione di secondo su un calcio di rigore, un fuorigioco o un'azione fallosa, comunque difficili ad essere inquadrati ad occhio nudo, tenuto anche conto della velocità dell'azione. Ora, di fronte a questa eventualità, il calcio e la politica hanno scelto di agire in modo diametralmente opposto. Il calcio ha istituito la Var, proprio per correggere, sia pure a posteriori gli errori dell'arbitro (e non tutti gli arbitri, come ad esempio Calvarese in Cagliari Juventus, la osservano) mentre la politica tende ormai inesorabilmente ad annettersi anche le funzioni arbitrali. E quasi mai per praticare un sano progetto di riabilitazione e reinserimento nel sistema sociale. Ma il più delle volte per legittimare (e dunque escludere) pressioni su/da organi e funzioni che dovrebbero semmai operare in condizione di massima terzietà o di autonomia gestionale.
Henry Brubaker