Ossessione Renzi: il concerto delle banalità

13.12.2013 17:58

Allora Renzi ha vinto. Anzi, ha stravinto, come era nelle previsioni. Probabilmente, vista l'incredibile messe di consensi diagrammati dai commenti raccolti fra i media cartacei, i bollettini on line, gli stessi social network di sinistra non antagonista, avremmo potuto risparmiarci questo terribile anno di attesa fra le elezioni politiche e il west del 2012/2013 se tutti i renziani di oggi si fossero schierati con lui in occasione delle primarie del centro sinistra per la nomination del presidente del Consiglio 2012, appunto. Ma, si sa le sirene del cambiamento, che oggi "soffia forte" nelle vele dell'Ulisse democratico, hanno tempi rigorosamente contingentati. E non tutti, fra i mediocri di oggi che lo osannano, sono cuor di leone. E fu così che, dopo la debacle del pragmatico Bersani, Napolitano assunse di nuovo il comando delle operazioni in attesa che la Consulta si pronunciasse sulla costituzionalità di quella stessa Legge Elettorale che ne aveva determinato indirettamente la rielezione in circostanze a dir poco emergenziali. Come dire, mentre il Paese affondava, colpito a morte dal debito pubblico, dalla pressione fiscale su famiglie e aziende di taglio sudamericano e dalla  dipendenza funzionale dalla cassaforte teutonica, il Palazzo si blindava ancor di più alla ricerca dei cosiddetti saldi di bilancio e di consolidati equilibri istituzionali già dinamitati dal Capo dello Stato. Non è un caso che, a distanza di un anno, la categorie più esposte alle scorribande di Equitalia e al debito commerciale dello Stato, abbiano definitivamente impugnato i forconi con una irruenza e una coralità di intenti fra le filiere del disagio da far dimenticare nello spazio di una sera gli ordinati gazebo del Pd con la mistica "collegata" dell'affluenza. Si perchè quest'ultima non era affatto scontata. E su questa Renzi avrebbe fatto un investimento politico per arruolare definitivamente alla sua causa non solo il redivivo Prodi, ma anche un vastissimo schieramento di forze interessato per motivi diversi a imprimere  un passo diverso alla deberlusconizzazione slow fin li' garantita da Napolitano con gli strumenti un po' criptici e subdoli della riconciliazione nazionale. In questo mazzo ci sono un po' tutti, da alcune firme alte del Fatto Quotidiano ai delusi di Berlusconi e ai berlusconiani in temporanea aspettativa, dal voto fluttuante di Grillo alla finanza laica e cattolica, dagli immobiliaristi agli ecologisti, dagli scout a Repubblica passando per i salotti buoni dell'intellighenzia editoriale di sinistra per scendere fino alle le ultime bufale di Di Pietro e De Magistris. E oggi siamo inesorabilmente al coro dei consensi, come se queste primarie (di cui continuiamo ad ignorare l'effettiva contabilità dei votanti) si fossero svolte non per incoronare un "segretario", ma un leader politico di sistema. Renzi insomma non governa (diversamente forse da quanto speravano i suoi vecchi e nuovi fan), ma preferisce operare da influencer/opinionista  di un governo che non sente suo, anche perchè lui stesso è stato legittimato in buona parte dai voti di chi non ha nulla a che fare col Pd strutturato di recente memoria. Insomma, una situazione di elevato strabismo che colloca Renzi in una botte di ferro, allenato al patto storico tutto fiorentino fra massoneria, poteri finanziari, sinistra di governo, e dunque coccolato un po' da tutti, ma (almeno per il momento) prudentemente lontano dai forconi. 

 

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