Napolitano atto secondo. La mummificazione della politica
Mentre nel carcere dell'Ucciardone a Palermo si procedeva speditamente con il falò dei nastri audio delle conversazioni tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l'ex Ministro dell'Interno Mancino, lo stesso Napolitano con un supplemento di "responsabilità" si autoincoronava a Camere riunite ribadendo, se ce ne fosse stato bisogno, alcuni concetti interessanti per la prosecuzione del suo eterno mandato presidenziale. Un messaggio raffinato, costellato di negazioni o di velati turbamenti per la situazione esistente che in realtà contiene nel dettaglio un'affermazione perentoria a futura memoria. "Da questo momento in poi agirò come fattore "di coagulazione", di fatto non più (aggiungiamo noi) come pace maker di un sistema politico in apnea, ma come maestro cerimoniere di una collaborazione "alta" fra i partiti. E' il segnale evidente che l'ottantottenne monarca repubblicano, ben lontano dal rischio di ostesi in pubblico ben descritto da Marco Travaglio nel suo "Funeral Party" sul Fatto Quotidiano di domenica scorsa, scende rumorosamente in campo dopo avere preteso "con limpidezza", ancor prima di essere eletto, garanzie di "stabilizzazione" politica dai principali partiti-questuanti nello stanco iter di formazione di un probabile governo di "larghe intese." Ad oggi non siamo in grado di sapere come andrà a finire, nè quale sarà, dopo le fibrillazioni di questi giorni, la personalità indicata per raccogliere il testimone di Monti. Nella nube storica di questo incredibile Paese, è altrettanto improbo capire se il caravanserraglio avocato a se' da Napolitano con il severo discorso della Corona sarà vellicato dalla "non sfiducia" di chi magari pensa già a un nuovo voto, o dalla salita diretta al governo dei quattro "cooperanti" per la democrazia, Pdl, Pd, Lega, Scelta Civica. Ma al momento poco importa. Importa invece sapere che questa volta il "coagulo" cristallizzerà sangue politico e il fermo caposala di questa operazione poco più che ambulatoriale sarà proprio lui, Napolitano. Il quale, dopo essersi chiamato sostanzialmente fuori dalle responsabilità dello stallo istituzionale, ha annunciato che "questa volta" si atterrà compiti rigorosamente costituzionali. Ammettendo di riflesso di averla violata in più punti la Costituzione, sia quando ha omesso di esercitare il potere di messaggio (e il conseguente pre-avviso di scioglimento delle Camere) al tempo in cui Fini da Presidente della Camera (quindi facendo politica) si differenziò da Berlusconi e quest'ultimo, pur di non cadere in mano ai giudici quando già la Germania stava mollando il nostro debito pubblico, trasformò il Parlamento nel mercato delle vacche; sia quando ha confezionato il pacchetto Monti con bella vista sul Quirinale dopo averlo nominato il giorno prima senatore a vita salvo dimenticarsi poi, nel dicembre 2012, di rinviarlo alle Camere per la verifica della fiducia. Circostanza, quest'ultima, che ha consentito al titolare di un governo ampiamente delegittimato (Monti) di porre comunque mano al Def 2013 (il Documento economica che condizionerà le prossime politiche di bilancio) e di finanziare il parzialissimo rimborso del debito commerciale dello Stato verso le banche con una nuova emissione di titoli di Stato. Ora si tratta di vedere come il "governo dei saggi" (altra invenzione dilatoria di Napolitano) si misurerà con l'emergenza lavoro/esodati e il rifinanziamento della Cassa Integrazione in deroga (l'anticamera del licenziamento collettivo) di fronte all'improvviso aggravamento dei conti pubblici interni certificato da Eurostat. Non si vede, onestamente, come si possa non esigere o restituire l'Imu 2013 e l'Imu 2012 o non fare scattare di un ulteriore punto l'aliquota Iva al primo di luglio di fronte al dato disastroso della crescita nazionale, se non al prezzo di una ulteriore manovra lacrime e sangue magari in stile cipriota. Una manovra che diventerebbe "presentabile" con le larghe intese, ma che probabilmente non risolverebbe il problema dell'eguaglianza fiscale in questo Paese, nè libererebbe risorse per l'economia reale prefigurando ulteriori tagli al Welfare e in parte agli Enti Locali. Su questi elementi, e non altri, insieme al "saggio" (probabile) spostamento di Monti all'Economia, si giocherebbe il futuro di Pd e Pdl. Finalmente non più ingiudicabile il primo, dopo la ridicola figura delle Presidenziali e il conclamato fallimento di Bersani, comunque inesorabilmente legato alle scadenze processuali di Berlusconi il secondo. Che,grazie alla copertura di Re Giorgio, potrebbe abbandonare i proclami liberal e antitasse della campagna elettorale, per concludere definitivamente con successo la sua ventennale rincorsa verso l'impunità.