"Lungomai di Livorno" di Simone Lenzi in libreria. Un libro imperdibile.
"Lungomai" è una canzone ancora tracciabile del Lucio Battisti seconda fase, quello con Pasquale Panella, ma è anche il titolo di un libro, scritto per Laterza, che Simone Lenzi dedica a Livorno. Un "dedicato" non banale, come si direbbe oggi, ma questa volta è proprio vero. Il rischio di smarrirsi nell'intonazione della propria città d'origine, magari con suggestive retrospettive, è sempre dietro l'angolo. Ma Lenzi lo aggira proprio perchè non è nelle sue corde rammaricarsi di non avere lustrato abbastanza l'autosufficienza degli autoctoni. Ma di costoro non si fa neanche beffe, riconoscendo alla "piazza" di Livorno una dinamica sua propria, una sorta di equilibrio surreale che vale la pena constatare e per quanto possibile "cantare". Lenzi non a caso scrive avendo chiaro il senso del ritmo narrativo e racconta il magnete dell'immobilismo che cristallizza la città (quel fenomeno che altri definiscono "la coesione sociale") attraverso il vissuto di tre traslochi "verso" (Via Ugo Foscolo- Stazione, Piazza Magenta-Centro e l'approdo finale in una strada tranquilla a due passi dalla Terrazza) che costituiscono altrettanti punti di osservazione su una sorta di società magmatica e resistente. Ma forse proprio per questo imprendibile e affascinante. Una sorta di "eterno presente" che Lenzi non a caso localizza nel "recinto dei cani" di Piazza Magenta, nella liturgia delle aste immobiliari cui Lenzi partecipa per assicurarsi casa ad un "moderato rialzo" (con il debitore esecutato che a valle della procedura cerca di contrattare con il nuovo acquirente un improbabile rientro nella casa aggiudicata dal Giudice), nella retrospettiva quasi felliniana di un passato architettonico e monumentale, quello delle Acque della Salute Terme del Corallo, che nel tempo si è scontrato con il degrado e l'espansione allucinogena del Nord Est cittadino (Porta a terra con la cintura dei "nuovi"consumi). Lenzi termina con l'omaggio al Lungomai e si sofferma sui Quattro Mori, di cui ricompone storia e caratteristiche con un montaggio intrigante. In mezzo, la descrizione di profili e linguaggi di cui Lenzi, da musicista vero, tratteggia l'evoluzione e le nuove sonorità carpendoli nelle relazioni di oggi. Soprattutto fra i giovani. Infine quel concetto, "vado sul mare", rappresentato come una metonimia. Non c'è nulla di più statico, al pari di un immobile, che crogiolarsi al sole per ore su uno scoglio. Mentre la dichiarazione di volontà farebbe pensare a scenari di grande movimento. Molto più simili a "vado per mare". O come "tornare" in casa, uno strano moto da luogo, che in realtà annuncia una unica direzione di marcia, e cioè quel momento liturgico in cui si entra "nella casa nuova". Ma comunque di "immobili", grazie all'osservazione di Lenzi, stiamo continuando a parlare.
sergio nieri