Le incognite della democrazia 2.0
A una settimana e più dalla chiusura delle urne si avvertono nitide le conseguenze da "avvelenamento dei pozzi" che i fautori del Rosatellum (legge elettorale ordinaria) avevano preventivato "se le cose non fossero andate come le previsioni". Sul piano politico il patto storico tra Renzi e Berlusconi non è decollato non tanto, o comunque non solo, perchè il primo fosse diventato ai più insopportabile ("stava sul cazzo a tutti" ha detto un mirabile Crozza) ed il secondo tecnicamente "incandidabile" oltrechè pregiudicato. No, il patto prefigurato non è decollato perchè il voto, nonostante tutto, ha a suo modo liberato energie sociali centrifughe (e alternative) che si sono diversamente collocate, grazie alla canalizzazione istituzionale di un voto che tra le altre cose ha fatto registrare una notevole partecipazione. Gli schemi di contenimento delle coalizioni sono risultati fragili, o comunque puramente funzionali alla logica di un sistema elettorale efficacemente contraddetto dal "voto utile", che questa volta ha premiato chi, come il M5S, non ha inteso coalizzarsi con nessuno ritenendosi esso stesso una "coalizione si, ma di cittadini". In una fase tutt'altro che espansiva, come quella amministrata dall'astuto Gentiloni, i comitati elettorali del centro sinistra e del centro destra non funzionano più di tanto. Le coalizioni valorizzate dal sistema elettorale non fanno immaginare il cambio di passo, nè tanto meno alimentare l'immaginario delle "mani libere". E neanche le raccomandazioni di un Cottarelli o di una Fornero, che continua ad avere incredibilmente utenza televisiva, possono anteporre la questione molto tecnica delle coperture finanziarie a quella di provvedimenti organici che inseriscano almeno un quarto di società italiana in un progetto di reinserimento sociale e lavorativo senza che la popolazione più garantita debba restare a lavorare fino a 70 anni. Europa o non Europa. Senza questo trade off non ci sarà mai, nel medio termine, una crescita apprezzabile che garantisca una seria redistribuzione di risorse, ben oltre l'attuale accozzaglia di trattamenti assistenziali (dai costi molti superiori allo stesso reddito di cittadinanza) maturata sul credito anticipato (e da restituire) della flessibilità europea. Il famoso "patto riforme contro flessibilità" di marca renziana, omaggiato a più riprese dalla grande stampa e oggi messo nel mirino della critica. Le istanze, giuste o sbagliate che fossero, provenienti dai territori, sono state insomma più forti di quell'alambicco elettorale che avrebbe voluto congelarle nella neutralità della protesta o ricondurle all'irrilevanza di un'indignazione individuale o di gruppo sociale. E' vero, la sera delle elezioni non c'è stato il vincitore come avrebbero voluto Scalfari e Veltroni, ma probabilmente, per l'eterogenesi dei fini, è accaduto qualcosa di più importante. Una sorta di democrazia 2.0 difficile da interpretare con le tradizionali categorie di destra e sinistra e che fa ammattire le firme più autorevoli dei grandi gruppi editoriali. Improvvisamente la società italiana per costoro è diventata un puzzle impazzito, come se, nei cinque anni precedenti, la narcosi somministrata dal trio Monti Letta Renzi (tutelati dal sistema mediatico) fosse venuta definitivamente a capo di un Paese naturalmente incattivito e popolato di tanti Robinson Crusoe dalla faccia scura. Una condizione di disagio tutt'altro che virtuale e aggravata non da una sorta di impazzimento generale, ma dal perpetuarsi (aggiungiamo noi) di alcuni privilegi (e di molte impunità penali e fiscali) che rendono insopportabile il tran tran quotidiano della crisi per chi non può vantare santi in paradiso o non può riciclare altrove le proprie rendite finanziare. La campagna elettorale, noiosa o cattiva secondo più di un osservatore, non ha invece generato dispersione del voto e sostanziale disinteresse. Tutt'altro, e semmai questa grande adesione "populista" al voto si è probabilmente manifestata proprio per neutralizzare quel dispositivo di "fermo istituzionale" che i regimi democratici sulla via della paralisi operativa (in questo caso col Rosatellum) lasciano innescato per impedire il proprio superamento. L'avvelenamento dei pozzi, appunto. La possibilità cioè che il voto del vincitore,incontestabile in valori assoluti, venga tecnicamente depotenziato o in subordine utilizzato per dare vita di qui all'eternità a coalizioni "contronatura". Come sarebbe stata quella fra Pd e Forza Italia o come potrebbe diventare quella fra Pd e Cinque Stelle, se non venisse supportata da una seria intesa programmatica con una ricaduta altrettanto seria sui territori amministrati dagli uni o dagli altri. Che senso avrebbero, ad esempio, l'unità nazionale per "fare gli interessi del Paese", e poi, sui territori, l'armata di giornali e Procure locali che si coalizzano (come sta avvenendo a Roma, Torino e Livorno) per far fuori il sindaco malcapitato (e questo si' eletto dai cittadini e privo di immunità penale) di turno. D'altra parte una mera spartizione di posti, oltretutto tra i palazzi romani, non sarebbe capita dagli incazzati, pronti a punire gli uni e gli altri al prossimo appuntamento elettorale.