La sindrome Schettino, naufragi sottocosta e bidoni tossici.

18.01.2012 20:23

Il caso Schettino, peraltro ancora da verificare sotto il profilo circostanziale e probatorio, dimostra che lo stato di prolungato lusso psicologico in cui può trovarsi un comandante con sogni di grandezza, alla fine finisce per indebolire nella stessa persona la percezione della gravità dei fatti una volta che si profila di li' a poco una condizione di emergenza. Tanto più se questa emergenza finisce per riguardare l'oggetto del comando, cioè lo strumento attraverso il quale quel soggetto (il comandante) esercitava il proprio potere dispositivo su persone e cose. Schettino non risponde alle sollecitazioni imperative della Guardia Costiera (l'Ufficiale De Falco) non perchè sia strutturalmente infedele, ma perchè è rimasto prigioniero della propria immaginazione, circostanza che probabilmente gli ha impedito di valutare la necessità di proclamare lo stato di emergenza a bordo e, una volta atterrato sullo scoglio "traditore, di provvedere al coordinamento dei soccorsi di fronte ad una nave che si stava pericolosamente inclinando. Naturalmente non sono in discussione la vigliaccheria e il cinismo dell'uomo (effetti collaterali del suo plateale superomismo), ma certamente questi aspetti del comportamento del comandante sono, in particolare, frutto di una impostazione autoconservativa che deforma completamente (al punto di non sentirlo) il principio di responsabilità del titolare del comando verso l'equipaggio e i passeggeri. Due categorie ritenute rilevanti quando legittimano il timone e i lustrini delle funzioni di governo, ma del tutto inessenziali, per converso, quando l'emergenza rompe l'incantesimo del comando e si tratta di portare la pellaccia a casa. Da qui in poi la menzogna diventa un esercizio quasi fisiologico per un comandante cui una fedele ricostruzione dei fatti (oggi fortunatamente visibile e udibile attraverso i media informali) può evidentemente rovinare la carriera e dunque vanificare i propri sogni di grandezza. In sedicesimo, e fatte le debite proporzioni, questo può capitare anche a quei Sindaci abituati al tempo infinito del proprio mandato, esercitato in una sorta di dimensione extratemporale, che stentano a realizzare la gravità di un evento emergenziale determinatosi al centro della propria giurisdizione territoriale. Tipico il caso del discusso Cosimi, per il quale dà più lustro alla città un incarico ai vertici dell'Anci, che il generoso onere organizzativo di informare la cittadinanza sui possibili effetti collaterali di un evento pericoloso per lo stato del mare e per la salute delle popolazioni costiere. Magari assumendosi la responsabilità di costituire una unità di crisi (prevista dal Piano Comunale per la Protezione Civile) con una semplice comunicazione agli Uffici preposti. Siamo convinti che se lo avesse fatto sarebbe stato convocato in Prefettura. E invece è prevalsa la sindrome Schettino. Di fronte ad una palese omissione, evidenziata dai dodici giorni di assoluto silenzio nei confronti di "irrilevanti" cittadini, Cosimi ha addebitato alla Capitaneria condotte astrattamente burocratiche e frasari incomprensibili scritti nelle comunicazioni di emergenza. Quelli pervenuti al Comune nell'immediatezza dell'accaduto. Poi addirittura si è spinto oltre e ha recriminato contro gli altri Comuni "che non avrebbero fatto niente". Insomma, anche qui l'imprevisto consumatosi nel mare territoriale rischia di sgretolare sogni di grandezza. Tan, gassificatore, rapporti con la Campagnia Grimaldi, bagni gratis d'inverno. Dove la cittadinanza serve per affollare i tagli del nastro e fare da sponda ai sogni di grandezza del comandante. Proprio mentre a Livorno rischia di inclinarsi definitivamente, dopo l'ultimo Consiglio Comunale, la nave della democrazia.