Italia 2012: la politica assente nell'Italia di Monti e Draghi. Consigli per l'orientamento

03.08.2012 14:49

Difficile mantenere una linea di orientamento nel caos organizzato di questo scorcio di vita nazionale. Lo stesso Monti, figura tutelata da un sempre più imbarazzante Giorgio Napolitano e protetta dai grandi gruppi editoriali, si sta avvitando in una serie di singolari fuori programma. Non ha la scaltrezza di un Massimo D'Alema o il pensoso ripiegamento carartteriale di un Prodi, che pure ha operato sempre nei periodi pre crisi limitandosi a far di conto (con buone performance dell'avanzo primario del fabbisogno statale, ma null'altro). La nostra sfiga è stata quella di assistere alle performances da gita aziendale di Berlusconi proprio nel momento in cui si verificò il crollo delle Torri Gemelle (nel 2001) e poi soprattutto quando è esplosa la bolla immobiliare americana  (nel 2008), con effetti di rilascio sul sistema bancario (che aveva largheggiato nei mutui finanziari) e poi sui mercati internazionali. Non abbiamo le prove che con Prodi (o con D'Alema) le cose sarebbero andate meglio, ma certo avere un Presidente del Consiglio inseguito da ballerine e Procure e per di più mollato platealmente da Fini (che poi non si è dimesso da presidente della Camera) non ha aiutato la causa della nostra credibilità internazionale negli scenari diretti e indiretti prodotti dalle grandi crisi di questo inizio di secolo. Monti ha rappresentato li' per li' la Grande Supplenza, ma al di là dei "compiti a casa", richiesti a gran voce dall'Europa per implementare la costituzionalizzazione del bilancio in pareggio, obiettivamente non è andato. Questi "compiti a casa" suonano  poi beffardi perchè rappresentano il tributo di sangue (fatta ovviamente esclusione per i soliti noti) di un Paese in declino al finanziamento di un debito pubblico (da non confondersi con il deficit pubblico, tecnicamente commisurato alla formazione della ricchezza nazionale dai parametri del Patto di Stabilità Europeo) che, guarda caso, ha iniziato a debordare a partire dalla fine degli anni 80. Da quando cioè si è verificata l'occupazione dello Stato e del sistema pubblico allargato da parte dei partiti. Con quel formidabile patto di potere fra politica e affari che ha utilizzato le casse pubbliche come finanziatore politico dell'interesse privato, o per meglio dire come "meccanismo di stabilità" per legittimare la corruzione di sistema in particolare sulle Grandi Opere territoriali e nazionali. I costi impropri di queste operazioni si sono tendenzialmente scaricati sul debito pubblico nazionale senza fornire alcun servizio, generando la necessità di emettere titoli i cui rendimenti sono prima diventati volatili a causa dell'inflazione a due cifre (ricordiamo l'epopea pre Euro dei Bot People) e poi, con l'ingresso dell'euro,variabili in funzione dei corsi dell'Euro. Una valuta oggi più che mai esposta alle scorribande e alla diffidenza degli speculatori e degli hedge fund internazionali che scommettono quotidianamente sullo stato di difficoltà dei Paesi deboli come il nostro (rispetto alla locomotiva tedesca) in relazione al montante del debito (secondo alcuni osservatori per il trenta per cento in mano alla criminalità organizzata) e soprattutto ai costi sociali della crisi. Il problema è in effetti questo: fino a che punto questo Paese (inteso come espressione dei ceti che contribuiscono e non evadono) potrà tollerare che si intervenga sulle leggi di spesa, sulla leva fiscale, su alcuni nodi comprimibili della spesa pubblica senza attendersi alcun corrispettivo in termini di offerta politica e sociale? Forse quando si esaurirà -nel centro sinistra e fra i sindacati- lo spauracchio mediatico di un ritorno al potere di Berlusconi o più realisticamente quando saranno seriamente intaccate le riserve di risparmio privato di un Paese che al momento si salva dalla bancarotta solo grazie alla parsimonia delle generazioni che ci hanno preceduto? Oggi Monti si avvita, in modo anche grottesco, intorno alla sua creatura, quel "salva Spread" che in pieno campionato europeo di calcio i cervelloni del gruppo Espresso-Repubblica  e del Corriere della Sera attribuirono a suo esclusivo merito. Un meccanismo di regolazione che avrebbe consentito di utilizzare trasferimenti comunitari (fino alla concorrenza di 500 miliardi di euro) alle soglie di un possibile default (crisi finanziaria di sistema) bypassando le competenze della Bce  (che non può prestare acquistando titoli) ed eludendo le prescrizioni monetarie internazionali che regolano i cosiddetti aiuti "agli Stati", circostanza quest'ultima che se dovesse essere processata (in luogo appunto del Fondo salva-Spread o salva-Stati attribuito a Monti) sancirebbe la definitiva riduzione di sovranità dei conti pubblici nazionali (con effetti devastanti per l'autonomia nazionali delle leggi di bilancio e lo stesso finanziamento del settore pubblico). Oggi, anche a causa della pressione della Germania e della sua Banca Nazionale, quel meccanismo pare essersi inceppato nonostante le rassicurazioni di Mario Draghi (Presidente italiano della Bce) che da parte sua vorrebbe, ma non può dare materialmente corso ad una politica di sostegno diretto (tramite acquisti) al debito degli Stati. A Monti non rimane, paradossalmente, che appellarsi al sistema bipartisan delle forze politiche che lo hanno tenuto a galla nella fase esecutiva del suo Mandato, quella in cui ha inanellato una serie di provvedimenti "condivisi" (anche nel Paese) di enorme impatto sociale finanziario. Atti che nel medio periodo genereranno l'inasprimento della tassazione sui redditi medio bassi, la riduzione del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni e in tema di lavoro la libertà di licenziare, il blocco dei contratti di lavoro, la morte del contratto nazionale. Temi di rilevanza leggermente superiore a quello dell'accorpamento delle Province, che dalle nostre parti sta dando luogo ad un miserabile confronto campanilistico sulle città "capoluogo". Questi, in sintesi, "i compiti a casa" richiesti da Monti al Paese che, sempre secondo Monti, i mercati non avrebbero riconosciuto e che  il salva-spread, viceversa, consentirebbe, con la sua iniezione straordinaria di liquidità, di valorizzare. C'è evidentemente qualcosa che non quadra, soprattutto quando il duo Napolitano Monti (sempre più soli alla guida del Paese) evoca la riforma delle legge elettorale come auspicabile causa di raffreddamento dello spread italo-tedesco e di ripresa del Paese. Siamo al paradosso dei paradossi. Ma allora, in tutta sincerità, di fronte alla resa condizionata dei tecnici, che invocano la riorganizzazione normativa del sistema politico, converrebbe andare a votare subito. Lo chiedono, appunto, i "loro mercati".