Intorno all'art. 18: licenziamenti politici ed economici

27.03.2012 15:51

Quando la politica va "in trasferta" i tecnici normalmente tendono a governare con la decretazione d'urgenza ed ogni aspetto legato alla complessità delle questioni sociali (ivi compresa quella connessa alla riforma del mercato del lavoro) tende ad essere levigato con un tratto di penna. Con o senza il concorso delle parti sociali. Indubbiamente, la mancata decretazione sulla segmentazione dell'art.18 (con l'introduzione di una ipotesi essenzialmente risarcitoria nei casi di licenziamento "economico" impugnato dal lavoratore e la contestuale abolizione di ogni ipotesi di reintegra su disposizione del Giudice del Lavoro), ha  assestato  il primo significativo stop all'azione fin qui travolgente del Governo Monti in materia di finanza pubblica e rifinanziamento del sistema bancario. Ma non solo. E' notizia di ieri che il Presidente della Repubblica, garante di Monti e di Lady Fornero, ha ammesso di fronte ad una platea di innocenti ragazzini  i primi, sorprendenti segnali di stanchezza dopo un quasi settennato prevalentemente giocato sul filo di un protagonismo tutt'altro che notarile. Lo stesso Monti, nelle ultime ore, ha dichiarato che non tirerà a campare se la parlamentarizzazione dell'Articolo 18 dovesse tenerlo sulla graticola più di tanto. La Fornero impazza su tutti canali televisivi e afferma che non ammetterà la "polpettizzazione" della sua riforma. Come dire, di fronte al male estremo della mediazione politico sociale subentra l'estremo rimedio della fuga dalle responsabilità politiche. E poco importa che il precariato, da fenomeno prevalentemente economico e generazionale, rischi poi, con il licenziamento economico diffuso, di diventare un  problema di natura esistenziale e intergenerazionale. Ed economicamente strutturale. Immaginatevi il lavoratore alle prese con uno stato di crisi aziendale, di cui spesso non si conoscono le cause e le responsabilità  manageriali, o con un processo di razionalizzazione della manodopera che anticipi una nuova strategia di mercato. Immaginatevi che tutto questo si produca nella dimensione "alfanumerica" di un'azienda (prevalentemente grande) che leghi le nuove linee di produzione a selettive strategie commerciali di ambito internazionale. Dalla culla del diritto passiamo al rigor mortis delle tutele passando per l'anticamera della paura. Pur nella sobria astrattezza della nuova previsione normativa. Combiniamo l'effetto di queste disposizioni con il differimento dei diritti pensionistici e la riduzione dell'intervento sociale per i soggetti espulsi dai cicli produttivi. Trasferiamo questo "pacchetto" sulla crosta di un territorio come il nostro, dove da tempo si è spenta la luce della cosiddetta "appetibilità imprenditoriale", salvo poi doversi misurare con gli incommentabili azzardi di qualche capitano di ventura alla Rossignolo. Il mix rischia di essere esplosivo. E, a tutti i livelli, non può essere risolto con le semplificazioni normative (che non prendono atto delle situazioni in campo) o con una fuga dalle responsabilità politiche. Che per un tecnico sarebbe la paradossale anticamera del proprio licenziamento.