Impatti ambientali sul litorale livornese pisano. Dal rigassificatore alla Darsena Europa. La vera storia del gassificatore off-shore

09.02.2015 14:21

AL SIG. SINDACO FILIPPO NOGARIN

 

RIGASSIFICATORE DI LIVORNO: RISPOSTE A QUALCHE DOMANDA

 

 

Come è nato il progetto?

Il Comune di Livorno e il Sindaco di allora Lamberti, nel luglio del 2002 e prima ancora della costituzione della società OLT, hanno propagandato entusiasticamente l’idea della costruzione di un rigassificatore offshore a 12 miglia dalla costa, idea presentata dall’imprenditore Aldo Belleli, già condannato per finanziamento illecito ai partiti ai tempi di mani pulite, e poi condannato il 10 novembre 2003 per bancarotta fraudolenta. Le due sentenze sono già passate in giudicato.

https://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2013/02/08/news/belleli-cerca-di-evitare-il-carcere-1.6500638

Il Comune di Livorno e il Sindaco hanno poi firmato il 15 ottobre 2002, poco più di un mese dopo la costituzione della OLT, un memorandum di intesa con OLT. Il protocollo afferma, quando ancora il progetto non è ben definito: “Il Comune ha indicato la società ASA (di proprietà del Comune di Livorno) quale soggetto che congiuntamente ad OLT parteciperà allo sviluppo del progetto” …“Il Comune promuoverà il progetto presso gli altri enti e Istituzioni locali e nazionali al fine dell’ottenimento delle altre necessarie autorizzazioni e pareri”,…,“OLT e il Comune si impegnano ad avviare e completare rapidamente le procedure autorizzative relative alla realizzazione dell’impianto”.

Il documento poi conclude: “Ciascuna parte si impegna a mantenere riservata ogni informazione tecnica e/o commerciale, verbale o scritta…”. (ALLEGATO 1).

 

Ma qual è stato successivamente il comportamento del Comune?

Il Comune si è dato da fare. Nel verbale della Conferenza dei servizi del 28 aprile 2003, circa sei mesi dopo, si può leggere: “Il Sindaco ... ritiene che il procedimento debba concludersi in tempi brevi, dato che l’Azienda Asa, che è socia della società proponente, ed è partecipata al 100% dal Comune di Livorno, è in corso di privatizzazione e il bando dovrebbe essere emanato entro la fine del mese di maggio del 2003. Un ritardo nella procedura provocherebbe pertanto una riduzione del valore dell’azienda”. In realtà il progetto è stato approvato più tardi, nel febbraio del 2006.

Il Comune di Livorno ha propagandato il progetto prospettando vantaggiosi effetti della realizzazione del rigassificatore – effetti poi rivelatisi del tutto infondati - quali il salvataggio del Cantiere navale, la metanizzazione della Centrale ENEL, lo sconto sulle bollette del gas dei livornesi, la creazione di centinaia di nuovi posti di lavoro.

Il Comune di Livorno ha accettato e anche sostenuto, anche attraverso i dirigenti ASA, le false affermazioni della OLT, e in particolare che il rigassificatore OLT non era il primo e unico al mondo di quel tipo, ma che impianti simili funzionavano in diversi altri Stati.

Il Comune di Livorno è arrivato anche a meritarsi le censure del Difensore Civico della Toscana per non aver dato luogo a un referendum consultivo sul rigassificatore, già richiesto legittimamente da un gruppo di cittadini in base agli allora vigenti regolamenti comunali.

 

Come è stato possibile che un tale impianto abbia ottenuto le autorizzazioni ambientali per operare nel bel mezzo del Santuario dei Cetacei?

Non risulta che esista neanche una perizia ambientale presentata dalla OLT in corrispondenza della quale sia stata effettuata una controperizia commissionata da organi istituzionali. Pare invece che ci sia stato una sorta di corto circuito tra OLT, Comune di Livorno, organi istituzionali e organi di controllo.

Un caso emblematico pare quello del Centro Interuniversitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata. Il C.I.B.M. è per Statuto un ente morale senza fini di lucro, costituito il 10 ottobre 1967 dal Comune di Livorno e dalle Università di Bologna, Firenze, Modena, Siena, Pisa e Torino. Il Direttore è il Dott. Stefano De Ranieri del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa.

Ebbene il C.I.B.M. ha presentato con una notevole tempestività (15 febbraio 2003) lo Studio di Impatto Ambientale per l’Ambiente marino commissionato dalla OLT, studio di cui  il dott. De Ranieri è stato il Responsabile tecnico e il coordinatore (Allegato 2, Allegato 3).

Il 30 maggio 2006 la OLT si è impegnata a versare al Comune di Livorno somme, a titolo di compensazione ambientale, un contributo di €400.000 relativo alle Secche della Meloria (Allegato 4). Successivamente con l’accordo delle parti interessate il complesso edilizio Scoglio della Regina, ristrutturato dal Comune di Livorno, è stato assegnato al C.I.B.M. per lo svolgimento delle fasi iniziali dell’Area Marina protetta delle Secche della Meloria (Allegato 5).

 

Ma come è stato possibile che il Comitato di pilotaggio del Santuario del Cetacei abbia potuto dare il suo assenso alla realizzazione del rigassificatore?

La vicenda non è per nulla chiara. Innanzitutto gli Stati membri aderenti al Santuario dei Cetacei non solo non hanno dato il loro consenso, ma non sono stati neppure informati sul progetto del rigassificatore. Infatti il 10 maggio 2006, ad avvenuto rilascio dell’autorizzazione ministeriale alla costruzione del rigassificatore, il Prof. Maurice Aubert, Presidente del Consiglio Scientifico dell’Université Internationale de la Mer competente sul Santuario dei Cetacei, ha chiesto notizie sul progetto del rigassificatore a largo di Livorno, ha prospettato alcuni pericoli e ha fatto presente che la zona prevista è nel Santuario dei Cetacei, oggetto di un accordo internazionale (Allegato 6).

Il Decreto di Valutazione Impatto Ambientale afferma che il Comitato di Pilotaggio Nazionale ha espresso parere favorevole nel corso della riunione dell’Organismo tenutasi il 19 novembre 2003.

Secondo quanto risulta, il Comitato di Pilotaggio Nazionale è un organo consultivo e non ha la struttura né il mandato per rilasciare pareri autorizzativi. Inoltre, secondo il verbale (peraltro non firmato), nella seduta del 19 novembre 2003 non c’è stata alcuna discussione relativamente al rigassificatore, neanche messo all’Ordine del Giorno. Alla voce “Varie ed eventuali” si legge soltanto: “Il Comitato prende atto (la sottolineatura è nell’originale) del parere positivo espresso dal prof. Relini in merito al progetto della Società OLT di realizzazione di un impianto di de gassificazione nell’area del Santuario”.

In effetti il prof. Relini, Presidente di detto Comitato ma assente nella seduta del 19, neanche un mese prima aveva effettuato una perizia sul rigassificatore per conto della OLT.

 

Come è stato possibile che il Prof. Relini e il Dott. De Ranieri abbiano espresso pareri del tutto tranquillizzanti e in clamoroso contrasto con autorevoli studi, secondo i quali i rigassificatori che utilizzano – come quello di Livorno - il cloro producono ogni anno, durante la loro attività, ingenti quantità di sostanze tossiche, teratogene e cancerogene?  https://wwftrieste.altervista.org/rigassificatore/rigassificatori.pdf

https://regionali.wwf.it/UserFiles/File/AltriSitiWWF/Friuli%20Venezia%20Giulia/WWF_Approfondimento%20Rigassificatori.pdf

Lo studio L’UTILIZZO DI ACQUA DI MARE NEGLI IMPIANTI DI RIGASSIFICAZIONE DEL GNL. DOCUMENTO DI POSIZIONAMENTO, presentato dal WWF Trieste (e che cita anche il progetto del rigassificatore di Livorno) chiarisce : “La mistificazione, che tutti gli Studi d’Impatto Ambientale vanno proponendo sulla partita dei rigassificatori in Italia, è quella di considerare  come potenziale danno ambientale i soli effetti del cloro attivo residuo presente allo scarico, limitato per legge a non più di 0,2 mg/litro. E’ una concentrazione non pericolosa [comunque capace di sviluppare effetti biologici], uguale a quella dell’acqua di acquedotto potabile a norma di legge. Quindi lo scarico del rigassificatore è in apparenza innocuo <<come bere un bicchier d,acqua>>…

Invece il cloro è utilizzato in quantità massiccia all’interno dell’impianto, sino a concentrazioni di 2 mg/litro, e reagisce con la sostanza organica formando alo-derivati organici. Prima di venir restituito all’ambiente, si provvede ad abbatterlo per via chimica al fine di rientrare nei parametri di legge. La differenza tra le 2 acque – pur con lo stesso tenore di cloro attivo – è che l’acqua in uscita dall’impianto è carica di sostanza organica degradata combinata chimicamente al cloro …

E’ risaputo da ormai più di 30 anni che  <<...the toxicity of chlorinated seawater effluent is due primarily to various oxidant residuals produced by chlorination, rather than to residual chlorine itself >> […la tossicità dell’acqua di mare clorata effluente è dovuta principalmente ai vari prodotti ossidanti residui, piuttosto che al cloro residuo in sé] (Sung et al. 1978, in Shaw e Baggett 2006) la particolare combinazione di tutti i componenti costituenti la miscela (fino ad ora individuati) è tale da indurre effetti biologici avversi riscontrabili anche ad elevate diluizioni riproducibili in laboratorio … La sostanza organica – presente nell’acqua in ingresso – viene degradata e combinata chimicamente al cloro ed altri alogeni, formando alo-derivati organici: sostanze tossiche, persistenti e mutagene (bromoformio e trialometani, clorammine, ecc.) Per un impianto (in Adriatico) da 8 Mld m3/anno (il rigassificatore di Livorno è da 3,75 Mld m3/anno), la quantità di DOM (Sostanza Organica Disciolta) che entrerebbe in contatto con il cloro attivo è di 464,28 tonnellate all’anno. Parallelamente, verrebbero rilasciate 193,45 tonnellate di solfati [a seguito dell’abbattimento del cloro attivo] ed ulteriori 46 tonnellate di cloro attivo libero [ione ipocloroso] rilasciato a concentrazione minore o uguale a quanto prescritto a norma di legge … Si può … ipotizzare che il rilascio di questo tipo di contaminanti (composti organoclorurati) raggiunga, all’anno, tenori dell’ordine delle centinaia di tonnellate per ogni sito …  I sottoprodotti clorurati rappresentano un pericolo per l’ambiente marino sia per la loro tossicità che per la loro persistenza e potenziale bioaccumulo …”.

Tornando alle valutazioni del Dott. De Ranieri, lo stesso il 17 febbraio 2003 ha giurato, presso un notaio, a proposito dello Studio d’Impatto Ambientale commissionato da OLT ed effettuato dal C.I.B.M.: “Giuro di avere bene e fedelmente adempiuto le funzioni affidatemi al solo scopo di far conoscere la verità”. Ha poi precisato spontaneamente che “le informazioni contenute nello Studio che precede corrispondono al vero sulla base dei dati che sono stati forniti dalla predetta OLT” (Allegato 7).

Similmente il Prof. Relini, nello Studio (Parere sulla Compatibilità del Terminale Galleggiante di Rigassificazione con il Santuario dei Cetacei) del 21 ottobre 2003 commissionatogli dalla OLT (Allegato 8), precisa subito nell’introduzione che “Il parere espresso in queste pagine si basa obbligatoriamente sulle mie conoscenze e sulla documentazione messa a disposizione dall’OLT”.

Le forti divergenze tra le valutazioni dello studio del WWF e quelle del Prof Relini e del Dott. De Ranieri si possono dunque almeno parzialmente spiegare con il fatto che questi ultimi hanno considerato l’effetto del cloro emesso dal rigassificatore senza considerare la formazione dei composti organici clorati prodotti dal cloro prima della sua fuoriuscita dal rigassificatore stesso.

D’altra parte non risulta che in qualche documento ufficiale siano mai considerati seriamente gli effetti dei composti clorati prodotti dal cloro usato come anti fouling (anti vegetativo) nel sistema di rigassificazione. Ad esempio la stessa Valutazione Ambientale Strategica (VAS) regionale, del 9 luglio 2004, si preoccupa dei composti clorati prodotti dalle vernici: “Le problematiche connesse all’utilizzo … di vernici anti fouling … è (sic) causa di ripercussioni sugli ecosistemi”, ma riguardo il cloro usato per il sistema di rigassificazione si limita a dire: “La produzione di cloro-derivati derivante dall’impiego di cloro libero in funzione antifouling nell’impianto dell’acqua di rigassificazione è da considerarsi poco significativo”. Insomma la VAS guarda il bruscolo e non vede la trave.

 

Quali sono le garanzie di un tale impianto riguardo la sicurezza?

Sembra davvero che le garanzie siano poche.

Il rigassificatore di Livorno è costituito da una apposita nave galleggiante ormeggiata a largo della costa, che riceve gas liquido dalle gasiere, lo trasforma in gas allo stato aeriforme e lo inietta quindi in un gasdotto sottomarino. L’impianto è il primo – e al momento unico – rigassificatore di questo tipo costruito in tutto il mondo. Fino ad oggi rigassificatori simili non sono mai stati costruiti a causa della loro estrema pericolosità, derivante in primo grado dalla necessità di trasferire gas liquido dalle gasiere al rigassificatore galleggiante. Il trasferimento del gas liquido da una nave all’altra (allibo), a causa di possibili sversamenti in mare, è manovra tanto pericolosa da essere stata vietata fin dal 1984 da un Decreto della Marina mercantile. L’allibo è stato reso poi possibile dal Decreto legislativo 6 febbraio 2006 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 23 febbraio 2006 – proprio lo stesso giorno del rilascio dell’Autorizzazione ministeriale per la costruzione del rigassificatore.

Diversi tipi di incidenti possono produrre sversamenti di gas liquido in mare. La possibilità che si producano grandi sversamenti in mare di gas liquido apre scenari apocalittici. Piero Angela nel suo libro LA SFIDA DEL SECOLO – ENERGIA - 200 domande sul futuro dei nostri figli, Mondadori, III edizione gennaio 2007 scrive (a pag. 99) tra l’altro “… Chernobyl è stato il peggior incidente teoricamente possibile in una centrale atomica … Quello della metaniera, che si spezza vicino alla costa, viene definito il peggior scenario <<energetico>> possibile. Cioè l’incidente più catastrofico immaginabile fra tutte le fonti energetiche”.

D’altra parte è problematico valutare con precisione gli effetti di un grande sversamento di gas liquido e fin dove può spingersi la nube di gas prodotta a seguito dello sversamento. I maggiori studi sugli effetti del gas liquido sversato in mare sono stati fatti negli Stati Uniti. Il rapporto Sandia 2004, SAND2004-6258 effettuato su incarico del governo degli Stati Uniti https://www.energy.ca.gov/lng/documents/2004-12_SANDIA-DOE_RISK_ANALYSIS.PDF

Guidance on Risk Alalysis and Safety Implications of a Large Liquefied Natural Gas (LNG) Spill over Water” [Guida all’analisi del rischio e implicazioni sulla sicurezza riguardo un grande sversamento sull’acqua di gas naturale liquefatto]

a pag 69 afferma “Modeling and assessing the impacts of potentially large LNG spills over water is a challenge that would benefit from additional, large-scale experiments to validate analysis techniques and approaches” [La messa a punto di modelli (di simulazione) e la valutazione degli impatti di sversamenti potenzialmente grandi di gas naturale liquido in acqua è un’impresa difficile che trarrebbe beneficio da ulteriori esperimenti su larga scala, utili per validare tecniche di analisi e approcci].

Ancora il rapporto Sandia 2005 SAND2005-7339 https://www.slc.ca.gov/division_pages/DEPM/Reports/BHP_Port/RevisedDraftEIR/1aCabTransport/Appendices/C2_Sandia%20Review.pdf

a pag. 32 afferma “Both the threat and hazard analyses can be very difficult an complicated” [può essere molto difficile e complicata l’analisi sia della minaccia che del rischio]; il rapporto aggiunge: “the hazards identification and distances estimated in the final results are reasonable and acceptable relative to the current understanding of large LNG spills over water” [l’individuazione dei rischi e le distanze stimate nei risultati finali sono ragionevoli e accettabili in rapporto alle attuali conoscenze riguardo i grandi sversamenti di gas naturale liquido sull’acqua].

Un elemento che nel caso di Livorno contribuisce ad aggravare il pericolo è la irragionevole collocazione dell’impianto di rigassificazione in una zona di mare soggetta a forti e frequenti mareggiate, e per di più vicina a un porto e quindi fortemente trafficata da navi di ogni tipo. Nel febbraio-maggio 2001, appena un anno prima dell’avvio del progetto del rigassificatore, un’apposita Commissione tecnico-scientifica nominata dal Ministero dell’Ambiente con decreto GAB/DEC/019/2001 del 13 febbraio 2001, esaminò la possibilità di approdi offshore per gas di petrolio liquefatto a largo di Livorno, nel quadro del piano di risanamento di Livorno che, come è noto, è area critica ad elevata concentrazione industriale. La commissione esaminò anche la possibilità di approdi offshore per gas naturale. La Commissione “Relativamente alle problematiche connesse con l’utilizzo di strutture offshore”, osserva “come esse siano principalmente connesse con:

... le secche della Meloria, zona di riconosciuta valenza storico-culturale;

- il tipo di condizioni meteoclimatiche (i venti e il moto ondoso) sono tali da non poter garantire un sufficiente numero di giorni/anno con condizioni di operabilità in sicurezza”. La Commissione evidenzia infine: “Il tipo di traffico marittimo del tratto di costa antistante la zona ... La presenza del santuario dei cetacei”.

Il parere negativo della Commissione del 2001 sembra sparito nel nulla. Non risulta infatti che questo sia mai stato citato in un qualche documento ufficiale relativo al rigassificatore.

La stessa VAS regionale del 9 luglio 2004, che pure ha espresso parere positivo per la costruzione del rigassificatore, non ha potuto fare a meno di evidenziare alcuni pericoli. Vi si può leggere a pag. 177: “… molti aspetti, legati soprattutto alla scelta di localizzazione, possono creare forti contrasti con gli obiettivi di sviluppo locale del territorio, gli obiettivi di tutela ambientale e i problemi connessi alla sicurezza della popolazione ... Il terminale, oltre ai rischi connessi alla tipologia ed alla quantità di sostanze detenute, presenta rischi aggiuntivi legati alla possibile collisione con mezzi navali in transito”.

Rimane difficile da capire come la VAS, nonostante queste sue osservazioni critiche, abbia potuto esprimere un parere positivo per il rigassificatore.

Nel corso delle procedure autorizzative si è andati avanti con l’adozione sistematica dell’approvazione con prescrizioni. Tutto è accaduto come se fosse stato seguito il seguente criterio: “il progetto non va bene; poiché però si deve approvare, approviamolo stabilendo delle prescrizioni”.

Il parere iniziale del Comitato Tecnico Regionale (CTR) del 2003 prevede 19 prescrizioni. Il parere finale del C.T.R. nel 2012, che dà il via definitivo all’impianto, dà ancora ben undici prescrizioni impiantistiche/gestionali. Riguardo poi una questione particolarmente critica qual è l’allibo, il C.T.R. dà una sorta di prescrizione; aggiunge infatti, sotto il titolo “Studi e Approfondimenti”, che il Gestore nella prossima edizione del rapporto di sicurezza "dovrà fornire informazioni sulle modalità di allibo in condizioni adottate in altre installazioni in esercizio, al fine di minimizzare la possibilità di incidenti con distacco dei bracci di carico”. Rimane da capire dove tali informazioni, ignorate perfino dal C.T.R., possano essere prese, visto che impianti simili a quello di Livorno non esistono.

Tra le misure cautelative prese (nel 2003) riguardo il rigassificatore di Livorno c’è l’istituzione di una zona circolare di 2 miglia, con centro il rigassificatore, interdetta alla navigazione. Secondo il rapporto Sandia 2005, sopra citato, con riferimento a una perdita di 200 mila metri cubi di gas liquido, con un vento di due metri al secondo, la nube di gas infiammabile può arrivare fino a 11,175 km (6 miglia nautiche) dall’unità di stoccaggio e rigassificazione.

Ma dunque dove sono le garanzie di sicurezza?

Non c’è alcuna garanzia che un grave incidente non possa coinvolgere anche la terra ferma: ad esempio il rigassificatore, a seguito di un grave incidente, potrebbe sganciarsi dagli ormeggi e finire sbattuto sulla riva. Non c’è neppure la garanzia che a seguito di un grave incidente al rigassificatore, la nube di gas prodotta non arrivi a coinvolgere una delle tanti navi passanti lì vicino.

           

Ma nel mondo non si è mai pensato di fare rigassificatori simili a quello di Livorno?

In effetti nel 2003 è stato presentato negli Stati Uniti il progetto “Cabrillo” che prevedeva un rigassificatore del tutto simile a quello di Livorno, ormeggiato a 14 miglia dalla costa della California. Si è sviluppato un ampio dibattito pubblico anche con la partecipazione della popolazione. Il Governo degli Stati Uniti ha commissionato un rapporto alla Società Sandia (vedere il rapporto Sandia 2005 sopra citato), società che già a partire dal 2002 aveva effettuato studi su sversamenti in mare di GNL.

Alla fine il progetto “Cabrillo” è stato bocciato.

 https://www.edcnet.org/learn/current_cases/LNG/cabrillo_port.html

 

Ma allora negli Sati Uniti di che tipo sono i rigassificatori offshore?

Negli Stati Uniti risultano attualmente esistenti solo due impianti di rigassificazione in mare aperto; sono a largo di Boston e di tipo “Energy Bridge” (la tecnologia è della società Excelerate Energy).

In tali impianti la stessa gasiera, che ha portato il gas liquido, provvede a rigassificarlo mediante il calore  prodotto dalla combustione  di una piccola parte (circa 1%) del gas. Poi lo inietta (allo stato aeriforme), presso una boa di ormeggio, in un gasdotto sottomarino destinato a portare il gas a terra. Sono così evitati sia l’uso del cloro per la rigassificazione che il trasferimento del gas liquido.

 

Sarebbe accettabile sul piano ambientale, nel Santuario dei Cetacei, un impianto di rigassificazione con tecnologia “Energy Bridge”?

La questione è tutta da vedere. In ogni caso gli Stati Uniti, che hanno un’esperienza di più di 70 anni nella costruzione di rigassificatori (avvenne nel 1944, a Cleveland, il primo grave incidente a un serbatoio di gas naturale liquido), non hanno mai rilasciato autorizzazioni per altri tipi di rigassificatori operanti in mare aperto – in zone protette o no - e quindi, ad esempio, per rigassificatori simili a quello di Porto Viro (piattaforma fissa in mare e uso del cloro per rigassificare).

Quest’impianto, entrato in servizio nel 2009, ha già dato evidenti e seri problemi ambientali (vedere anche gli studi del WWF sopra citati).

 

Pericoli d’incidente e danni ambientali e sanitari a parte, qual è l’impatto del rigassificatore di Livorno per la vita del mare e le attività economiche?

I vincoli imposti su larghi tratti di mare dalla presenza del rigassificatore stanno già producendo notevolissimi danni, mentre il rigassificatore non ha ancora iniziato a funzionare.

La stessa VAS del 9 luglio 2004 afferma a pag. 179: “non sono trascurabili le interferenze che si potrebbero manifestare sia con l’attività della pesca che con quella del turismo legato alla nautica diportistica. Risulterà interdetta alla navigazione una superficie di circa 43 Kmq che attualmente rappresenta un possibile areale per la pesca commerciale delle marinerie sia del Porto di Livorno che del Porto di Viareggio; il turismo nautico, sul quale lo stesso PTC (Piano territoriale di coordinamento) punta per il rilancio della città di Livorno come polo turistico, non potrà fruire di questo specchio di mare. Infine l’incremento di traffico navale, in un’area già fortemente congestionata per la presenza del porto, rappresenta, sia per la pesca che per il turismo, un ulteriore elemento di disturbo”.

Secondo quanto previsto dall’Ordinanza 137/2013 della Capitaneria di Porto di Livorno, “Nell’area circolare di raggio 2 miglia nautiche dal punto di coordinate  43° 38, 40” N – 009° 59, 20 E è vietata la navigazione, la sosta l’ancoraggio, la pesca nonché qualunque altra attività di superficie o subacquea … nel settore circolare compreso tra 2 e 4 miglia nautiche … è vietato qualunque tipo di attività fatto salvo il passaggio in transito ad una velocità che non sia superiore ai 10 nodi

nel settore circolare compreso tra 4 e 8 miglia nautiche è consentita la sosta solo per comprovate necessità e/o emergenze comunicando immediatamente alla Sala Operativa di questa Capitaneria di Porto le motivazioni che hanno determinato tale condotta”.

Insomma ci sono pesanti limitazioni di vario grado per un’area circolare di 689,6 kmq in prossimità del porto di Livorno, senza contare le limitazioni poste lungo il gasdotto subacqueo.

I danni, già evidenti e gravi, per la pesca, il turismo, le attività portuali ed economiche sono destinati progressivamente ad aumentare con il passare del tempo.

 

Ma qual è attualmente il contributo del rigassificatore di Livorno per l’approvvigionamento del gas?

Come già detto il rigassificatore, dopo il collaudo concluso alla fine del 2013, è rimasto del tutto inattivo e non ha commercializzato fino ad oggi neppure un metro cubo di gas. I gestori non dispongono di contratti di fornitura del gas.

Attuali problemi di mercato del gas a parte, l’impianto non è dimensionato per le moderne gasiere e risulta del tutto inadeguato. A tal proposito, la Commissione europea nel documento SG-Greffe (2009) D11105 dell’11 9 2009 afferma “La specifica natura del terminal lo rende molto costoso. Allo stesso modo la limitata capacità di stoccaggio e la sua posizione al largo, esposta alle differenti condizioni meteorologiche, risultano in condizioni logistiche più complesse di altri terminal GNL tradizionali”.

https://ec.europa.eu/energy/infrastructure/exemptions/doc/doc/gas/2009_livorno_decision_it.pdf

Appare quindi del tutto irragionevole che venga riconosciuto impianto “strategico” e quindi idoneo per ricevere, funzionante o no, i contributi dello Stato.

 

Altre utili informazioni sul rigassificatore di Livorno si trovano nell’Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-02173 presentato da SEGONI Samuele, testo di Martedì 15 ottobre 2013, seduta n. 97.

 

Livorno, 28 giugno 2014

 

Comitato Difesa Ambiente