Il tunnel di Aamps Livorno: Angelo Rosi e i due bestioni.

07.06.2012 07:22

Sembra di rivivere i bei tempi (si fa per dire) della crisi del Cantiere F.lli Orlando. Nella circostanza il liquidatore Angelo Rosi rimise in pista il bestione tramortito dal mercato e da una conduzione manageriale a dir poco  irresponsabile spuntando condizioni di favore presso i creditori dell'azienda (per lo più ditte dell'indotto cantieristico e portuale). Il sistema Livorno, pur di evitare il fallimento commerciale di quanto rimaneva del Cantiere, indusse piccole e medie aziende dell'area portuale a rinunciare obtorto collo al 50% dei crediti esigibili. Fu una scelta dolorosa, che per molti operatori significò la chiusura dell'Azienda e il forzoso trasferimento verso altri lidi. Quanto accadde dopo, compresa la strampalata invenzione delle tre gambe della Porta a Mare (su cui peraltro planò con toni entusiastici l'intero Consiglio Comunale nell'atto di indirizzo del 10.04.2002 e, in parte, sul conseguente Piano Particolareggiato), non fece altro che approfondire, e in modo doloroso, la distanza fra la fantasia e la realtà. Tant'è che dieci anni dopo le riparazioni restano un punto interrogativo conficcato in una prateria di sterpaglie accarezzata dai gabbiani e poco più. E i creditori di allora a stento hanno potuto sintonizzare la propria rabbia sul sentimenti di una città che iniziava ad avere la testa altrove. Molti di loro si sono persi, talvolta assumendo debiti ingenti verso il Comune e lo Stato, al pari di quanti, riorganizzandosi sotto altre vesti, hanno sperato che in qualche modo venisse ripristinata la funzionalità dei bacini di carenaggio. Mission impossible per una realtà ferita dalla crisi e atrofizzata dal nanismo della sua classe politica. Oggi il bestione di Angelo Rosi si chiama Aamps, un carrozzone gestito in house dal Comune di Livorno che in questi anni, a fronte di investimenti irrilevanti e una politica tariffaria devastante, ha macinato quasi settanta milioni di debiti accertati, almeno venti dei quali, come sappiamo, determinati da un impressionante volume di crediti non riscossi. Di questo avrebbe dovuto parlare il vecchio capitano umbro nella Commissione Consiliare convocata da mesi per fare il punto sull'opera di risanamento. Ma Rosi ha subito manifestato insofferenza nei confronti dei commissari comunali, prendendone prudentemente le distanze anche dal punto di vista spaziale. L'unico salamelecco è stato riservato, non senza sorprese, all'ex sindaco Lamberti (chiamato "Gianfranco"), con il quale dieci anni fa gestì la difficile transizione del Cantiere dallo stato prefallimentare all'amministrazione controllata mentre Cosimi operava da Segretario Provinciale dei Ds..Su quella vicenda probabilmente Rosi, che all'epoca dei fatti non fu prodigo di confidenze con nessuno, potrebbe avere molte cose da dire, visto che il piano di salvataggio di un'azienda che i più davano per spacciata fu concertato con molti degli stessi operatori che oggi si stracciano le vesti per la sopravvenuta crisi delle riparazioni aggravata dalla inutilizzabilità dei bacini di carenaggio. Oggi il bestione di Rosi è interamente pubblico e lui stesso afferma candidamente di non saperci fare con la "monnezza", ma quello che importa al suo committente (il Sindaco) è che il tagliatore sia in grado di confezionare un'azienda "leggera", buona per essere ospitata con i gioielli di famiglia nel grande contest omologatore dell'Ato Regionale. Una commissione secca, che non lascia spazio all'immaginazione. E neanche al controllo istituzionale. Tant'è che Rosi afferma di aver già portato a termine la sua fulminea opera di risanamento, dopo avere negoziato con i fornitori "ripetitivi" un piano di rientro a tasso zero nel medio periodo e con quelli occasionali una modulazione dei pagamenti a trenta giorni. Non solo, il 91% dei creditori (di cui non si conoscono i nomi) avrebbe già aderito al Piano di Rientro, compresa la ditta Appaltatrice del servizio di nettezza urbana (la Cooplat) che nei confronti dell'Azienda vanta un credito di quasi tre milioni di euro, in pratica il costo dell'appalto. Ne consegue che, ad oggi, Aamps non avrebbe mai pagato le prestazioni di Cooplat. Incredibile, da questo punto di vista, la capacità di persuasione di Rosi. Il vecchio capitano si muove bene,ma questa volta il machete non lo può utilizzare con i titolari del cosiddetto "passivo esigibile", così come avvenne, grazie ad un colossale accordo sistemico, nella vicenda "protetta "del Cantiere. La sua attenzione si sposta, inesorabilmente, sulle operazioni immobiliari, alcune di queste bloccate sul nascere, da cui la precedente gestione riteneva  si potessero ricavare le disponibilità per finanziare fuori tempo massimo i cosiddetti investimenti nell'impiantistica. E poi sul trattamento economico, prevalentemente accessorio, legato alle prestazioni di operai, impiegati e dirigenti con una strategia di "autoriduzione" che pare essere stata concordata con le organizzazioni sindacali per contenere il rischio conclamato di esodi anticipati. Non è tanto la strategia che fa sbarrare gli occhi, quanto la motivazione. "E' giusto che i dipendenti si privino delle proprie competenze a scomputo dei crediti vantati da banche e fornitori". In pratica, una sorta di espiazione economica democratica (della quale però restano sconosciuti gli automatismi) a fronte delle sofferenze patite dai creditori (oltretutto aggravate dalla crisi). Una sorta di capro espiatorio collettivo in punto di insolvenza che però solleva gli amministratori di questi anni (compreso ovviamente il Sindaco) da ogni responsabilità di ordine patrimoniale e finanziaria. Ma basterà tutto questo per rimettere in carreggiata il secondo bestione di Rosi? I contribuenti della tariffa di igiene ambientale (comprensiva di Iva) osservano allibiti.