Il lungo gioco delle primarie è finito... e ora?
Finalmente è finita. Lo diciamo con rispetto per chi ci ha creduto e chi, come molti amici nostri, ci ha voluto mettere la faccia. Ma l'invasione mediatica delle primarie del centrosinistra ci ha ricordato un po' la discesa degli ultracorpi sulla Terra. Un rito marziale e marziano che soltanto uno come Ennio Flaiano avrebbe potuto disegnare da par suo. Per mesi non si è parlato d'altro, senza distinzioni per il livello nazionale e locale. Chi si ricorda più della Legge di stabilità? Della riduzione dei costi della politica, del dimezzamento dei parlamentari, della cosiddetta delega fiscale con riforma del catasto connessa? Tutti provvedimenti rinviati sine die da un Supergoverno nei confronti del quale sia Bersani che Renzi hanno mostrato una straordinaria generosità. Soprattutto Bersani ha nicchiato, da astuto conoscitore di un popolo affamato dalla tassazione sui redditi (una patrimoniale che ha colpito il ceto medio), ma sostanzialmente appagato dalla cacciata di Berlusconi. C'è forse qualche coraggioso che si avventura nella lettura della busta paga di un cassintegrato suo malgrado coinvolto nelle nelle spire dell'Imu prima casa? Per non parlare del Decreto Salva Ilva, un autentico mostro giuridico circondato dalla sostanziale indifferenza di costituzionalisti e giuristi democratici solo perchè Monti e Napolitano sono (sarebbero) "due galantuomini, altro che Berlusconi". Inutile poi, sempre sotto il profilo costituzionale, ogni riferimento all'incredibile situazione degli esodati, comunque da riaffrontare nel quadro di una riforma della riforma che valorizzi, quanto meno, un minimo di flessibilità in uscita e si connetta anche in via transitoria con la situazione economica reale del Paese. Nessuno discute che occorre garantire la "solvibilità" del sistema pensionistico indicizzando le uscite alla longevità, ma poi?Come conciliare l'aspettativa di vita con la ristrutturazione del sistema industriale, qui e ora? La recessione morde. Magari nel silenzio, ma morde, ed è per questo che il Codice Ichino e l'adesione incondizionata di Renzi alla Legge Fornero -non parliamo delle cento euro nette al mese promesse in base a un delirio televisivo- finiscono per disorientare l'opinione pubblica. C'è gente che non arriva alla seconda settimana. Allo stesso modo non possiamo dimenticare l'invito che Bersani (prima di scoprire Vendola) fece a Fornero di entrare nel futuro Governo di Centro Sinistra. Tralasciando ovviamente i ripetuti peana per Monti, uomo dalle mille coperture mediatiche. Qui non si discute il fervore partecipativo del popolo del centrosinistra quanto la para-istituzionalizzazione e il sequel mediatico di una procedura che in teoria dovrebbe restare nei confini discreti di un partito. Se proprio le primarie devono diventare la discriminante tra l'indifferenza e la partecipazione, allora entrino negli statuti di un Paese ad oggi commissariato dai tecnici e orientato dai network televisivi. Ci sia qualche soggetto terzo che le governi, stabilendone il campo d'applicazione (per livelli istituzionali, ad esempio, come sindaci e parlamentari) e impedendone la tracimazione oltre il senso comune di una scelta politica "di campo" che ormai (nel centro sinistra) non va comunque oltre i due milioni e mezzo di potenziali elettori. Non esattamente un grande risultato. Tenuto conto che gli altri 500.000 con tutta probabilità provenivano da un campo diverso. Non dimentichiamo che sul piano squisitamente civilistico i partiti rimangono associazioni di fatto, cioè non riconosciute, e quindi diventa stupefacente come una consultazione interna, autodeterminatasi peraltro con regole assai discutibili, possa diventare così impegnativa e seduttiva anche per chi non ne condivide il vincolo associativo di partenza. Un vincolo fortemente rivendicato da Bersani, al momento in cui ha stabilito con la consueta astuzia le "regole" d'apparato, e largamente relativizzato da Renzi, quando quest'ultimo si è messo in caccia (con parziale successo al primo turno) del voto grillino e del centro destra chiamando all'adesione incondizionata anche chi non avesse maturato in realtà nessuna intenzione di trasferirsi armi e bagagli nel campo del centro sinistra. Un piede qui e un voto là. Seconda una tradizione tipicamente italiana. Da questo punto di vista Renzi, anche in realtà inossidabili come la Toscana, dove regna da anni una grigia e incommentabile dirigenza di provenienza diessina, ha polarizzato una indeterminata "voglia di cambiamento" (in assenza temporanea di altri riferimenti) che non potrà certamente essere declinata a lungo all'interno dello "squadrone" di Bersani. Pena un destino simile a quello di Segni e dello stesso Veltroni. Narratori "totali", ma mai decisivi in politica. Importante allora che (Renzi o non Renzi) il nuovo voto di opinione possa liberarsi compiutamente alle amministrative di fronte ad una vera offerta politica territoriale. Sarà allora che qualche equilibrio potrebbe effettivamente rompersi.