Discarica Limoncino

27.10.2011 19:36

 

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Caso Limoncino: il festival dell'ipocrisia

Non vorremmo che il decreto di sequestro preventivo  della Discarica del Limoncino Monte la Poggia avesse aperto una strana resa dei conti. Quella, appunto, delle “demolizioni” degli annessi agricoli irregolari o totalmente abusivi a seconda dei punti di vista che insistono ormai da parecchi anni nell’area collinare di Livorno. Nessuno discute ovviamente la coattività dei provvedimenti. Anzi, dopo tanta “flessibilità” su questa delicatissima materia, una qualche certezza di carattere giuridico-amministrativo è bene accolta. Quello che lascia perplessi sono la tempistica di questi atti esecutivi (compiuti in costanza di un provvedimento di sequestro preventivo riguardante l’area della Discarica) e la convergenza mediatica degli annunci. Il principio di legalità non può essere messo in discussione, ovviamente, ma la sua applicazione deve essere equanime ed efficace per ogni tipo di situazione giuridica che in questa città viene  tranquillamente convertita in una situazione di fatto. Con la simpatica (nell’accezione etimologica di sun pateia) tolleranza del potere politico amministrativo. Potremmo fare centinaia di esempi, dagli ormeggi abusivi alle occupazioni senza titolo (e agli ampliamenti non autorizzati) negli alloggi pubblici, dallo spurgo dei liquami nei Fossi agli abusi edilizi della nuova edilizia residenziale seriale e di pregio (sottotetti,   tavernette e quant’altro) che hanno permesso a una filiera di costruttori di ottenere significativi sconti in termini di Ici sulle aree fabbricabili e sugli oneri concessori di urbanizzazione. Senza considerare le urbanizzazioni incomplete di Salviano 2, i misteri della (incompleta) tangenziale di Coteto dalla quale spunta  come un coniglio bianco dalla tuba del prestigiatore la proposta di realizzare il Parco del Rio di Salviano, per il quale il Comune impegnerà 500.000 Euro di avanzo di amministrazione su proposta del locale Circolo di Arci. Un modo per fare dimenticare ai residenti il disastroso contesto edilizio circostante. Ma  la tragedia della Lunigiana e delle Cinque Terre dimostra in particolare che con i vincoli idrogeologici (sempre che vengano accertati e certificati da funzionari onesti) non è possibile scherzare. Prima o poi la natura si riprende (anche in modo brutale) ciò che le è stato tolto. Nessuna “colorazione“ mediatico-politica  dell’interesse pubblico può autorizzare discariche ubicate in prossimità di Parchi collinari, Ospedali invasivi  in aree sensibili come quella di Montenero Basso, porticcioli turistici in prosecuzione di strutture leggere come quella del Moletto Nazario Sauro, magari in sostituzione di una Bellana erosa dagli agenti atmosferici  e totalmente orfana di aree di servizio a terra. Per quanto ci riguarda il principio di legalità è uno solo, e non capiamo per quale motivo una stampa seria (perché noi la rispettiamo e la consideriamo tale) si applichi con deontologia professionale sulla rimozione coatta di quattro legni a Salviano o alla Valle Benedetta (per non parlare del Puntone) e poi si dimentichi di commentare le valutazioni strampalate di un Gallanti sui fanghi di dragaggio e quel mistero tutto labronico legato alla volatilità dei pareri della Soprintendenza ai beni  territoriali sulla questione degli approdi nell’area della Bellana (dopo  la colpevole sottovalutazione di quanto non è stato fatto dai poteri pubblici per le Terme del Corallo). Sempre con un occhio a quanto sta accadendo in Lunigiana ricordiamo che una delle motivazioni che hanno ispirato l’ordinanza di sequestro del Giudice Dani (su istanza del Sostituto Maffeo) ha riguardato il rischio connesso al dissesto idrogeologico. Leggiamola insieme: ”Il sito del Limoncino è in classe 4 di pericolosità geomorfologica, a rischio sismico e sottoposta a vincolo idrogeologico. Indicazioni sufficienti, a meno di un provvedimento motivato della Regione, da escludere l’ex sito di Monte La Poggia dalla possibilità di ospitare una qualunque discarica”. Resta difficile da capire per quale motivo siano state concesse, da Comune e Provincia, le autorizzazioni. Ma su questo avremo modo di ritornare.

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L'amaro calice del Limoncino

Svolta nell’ormai annosa vicenda legata alla discarica green del Monte La Poggia in località Limoncino. Dopo i rumors di queste settimane, che davano per imminente un intervento della Magistratura sulla Discarica di Speciali inerti nonostante le reiterate autorizzazioni istituzionali all’esercizio dell’impianto, nella giornata di giovedi 20 Ottobre il Magistrato comepetente, su istanza della Procura livornese, ha disposto il sequestro preventivo della cava in questione. I carabinieri del Nucleo Radiomobile di Livorno hanno infatti di primo mattino percorso la strada di conduzione all’immensa vasca di colmata dei rifiuti speciali realizzata dalla Ditta Bellabarba (che ha 10 giorni di tempo dal provvedimento per chiedere il dissequestro dell’area) per apporre i sigilli alla cancellata d’ingresso della cava. La decisione è evidentemente clamorosa, considerato che entro breve la Ditta avrebbe concluso le opere di allestimento predisponendosi ai collaudi di rito e al cosiddetto stress test deliberato dalla Provincia di Livorno. Tutte operazioni che si sarebbero dovute compiere entro la conclusione della stagione estiva prolungata dal caldo meteorologico. Il provvedimento di sequestro si innesta nel contesto dell’inchiesta penale condotta dal Pm Maffeo sulla base dei numerosi esposti prodotti dal Comitato per la Tutela della Cava. Nel corso del mese di Agosto il Pm aveva spiccato numerosi avvisi di reato nei confronti dei progettisti dell’opera, dei dirigenti amministrativi comunali e provinciali competenti e della stessa Ditta Bellabarba assumendo, in definitiva, che non ci sarebbero stati gli estremi per le autorizzazioni e che i pareri favorevoli espressi in sede amministrativa sarebbero stati viziati da cause di illegittimità. Ora il sequestro apre nel merito scenari imprevedibili, mentre a livello politico sarà interessante comprendere la navigazione che Comune e Provincia intenderanno intraprendere. Le Amministrazioni, infatti, d’intesa con le forze politiche di maggioranza (Pd Idv Sel) hanno sempre sostenuto che prima di intervenire sulle autorizzazioni (per rimodularle o addirittura revocarle) sarebbe stato pregiudiziale valutare un “pronunciamento della Magistratura”. Ora, un sequestro preventivo non è un vero e proprio pronunciamento, ma indubbiamente costituisce un segnale di indiscutibile gravità di fronte al quale non è possibile far finta di cadere dalle nuvole.

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Autunno 2011: il sapore agro del Limoncino.

Sono trascorsi solo due mesi da quando l’ormai ex segretario territoriale del Pd Di Rocca invitava tutte le parti in causa a prendersi una pausa di riflessione sulla questione “Discarica Limoncino Monte la Poggia”. Un invito che Di Rocca rivolgeva attraverso la stampa più che altro per esorcizzare gli esiti di una partita, già da allora imprevedibili, che poi nelle settimane successive avrebbero messo in discussione la sua segreteria. Oggi Di Rocca dichiara candidamente di essersene andato “per non avere riunito il Partito” di fronte alle emergenze dell’ultimo anno vissuto pericolosamente, fra cui appunto quella legata alla discarica di speciali inerti nella cava limitrofa agli insediamenti provvisori (gli annessi agricoli mai regolarizzati) dei cosiddetti frontisti. E’ vero che il Pd si è clamorosamente spaccato in almeno tre tronconi su questa vicenda, ma è altrettanto vero che Di Rocca si è trovato a gestire una polpetta avvelenata rifilatagli dal Trio Cosimi Kutufà Toncelli (l’ex Assessore Idv all’Ambiente in Comune) quando a livello politico istituzionale fu deciso di attendere su questa partita il “pronunciamento della Magistratura”. Si perché intanto, Comune e Provincia, nonostante le rassicurazioni di partenza date al Comitato dei residenti, mai e poi mai hanno ritenuto di intervenire operativamente sulla ditta concessionaria della Discarica per chiedere un “ridimensionamento” della tabella dei rifiuti ammessi in discarica. Mai e poi mai Cosimi e Kutufà (capaci di autentiche “lezioni magistrali” nel corso della crisi finanziaria internazionale, e in particolare Cosimi di atteggiamenti addirittura profetici nel corso della sua Presidenza Anci)) hanno ritenuto invece di farsi garanti di un accordo di conciliazione fra i frontisti e la Ditta Bellabarba per condizionare in senso positivo e non conflittuale tra le parti gli atti autorizzativi della Discarica. Magari nell’ambito di uno dei tanti percorsi consensuali evocati dallo stesso Cosimi quando teorizza ex cathedra l’urbanistica partecipata. Nulla di tutto questo, dicevamo. In mancanza, è partita una raffica di esposti da parte dei frontisti (cioè comproprietari con Bellabarba della strada di conduzione al Monte La Poggia) che hanno a fatica messo in moto la lentissima macchina della Procura Livornese. Nulla a che fare con la creatività del duo Lepore Woodcock, naturalmente; tuttavia c’è stato un Sostituto, tale dr Maffeo, che ha ritenuto di mettere in trasparenza il procedimento autorizzativo e i suoi responsabili comunali e provinciali per lo più in concorso. Il Pm nell’estate scorsa ha spiccato numerosi avvisi di reato nei confronti dei progettisti dell’opera, dei dirigenti amministrativi provinciali e comunali competenti e della stessa Ditta Bellabarba assumendo che non ci sarebbero stati gli estremi per concedere la/le autorizzazioni e che i pareri favorevoli emessi in sede amministrativa sarebbero stati viziati da gravi illegittimità. Al Dirigente dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Livorno Gianfranco Chetoni, in particolare, sono stati contestati i reati di abuso d’ufficio e di falso per avere certificato la “conformità urbanistica” del progetto di discarica contravvenendo alle prescrizioni dell’art.34 del regolamento urbanistico. Chetoni in sostanza, fatta salva naturalmente la buona fede, avrebbe interpretato e autorizzato la discarica in collina come “intervento di rinaturalizzazione”, mentre le norme di attuazione del Regolamento Comunale prevedono soltanto operazioni finalizzate alla riduzione del “rischio idrogeologico”. Una interpretazione che avrebbe tratto in inganno il dirigente omologo della Provincia di Livorno Reginaldo Serra, anch’egli inquisito per concorso in abuso d’ufficio. Coinvolto nell’inchiesta anche Andrea Rafanelli, all’epoca dei fatti funzionario dell’Ufficio Rifiuti e bonifiche della Provincia, cui la Procura ha addebitato lo stesso reato di concorso in abuso d’ufficio contestandogli di avere omesso di rilevare l’illegittimità urbanistica del progetto della discarica. La Procura infine ha ipotizzato il reato di abuso edilizio a carico di Federico Bellabarba (come parte richiedente l’autorizzazione, gestore dell’impianto e committente del Progetto) e per Antonio Rafanelli, zio di Andrea Rafanelli, il funzionario di cui sopra, nella sua qualità di progettista e Direttore dei Lavori. Ad entrambi la Procura ha contestato di avere eseguito le opere e gli impianti della discarica senza un valido titolo. Ad un certo punto, eravamo intorno al 12 Agosto, si era sparsa la notizia che la stessa Procura della Repubblica avrebbe chiesto il sequestro della Discarica. Ma a questa richiesta non è mai conseguita, come sappiamo, alcuna ordinanza esecutiva da parte del Giudice competente. Che è successo? Il quadro è evidentemente drammatico e complesso ad un tempo. E comunque questo “pronunciamento della Magistratura” che avrebbe dovuto liberare “da impegni” tutti i livelli della politica locale, tarda ad arrivare. Nell’incertezza di questo momento, come sappiamo, molte cose sono cambiate. Di Rocca non ha retto alla pausa di riflessione da lui stesso invocata e se ne è andato dopo avere denunciato tensioni con Cosimi. Cosimi, da parte sua, ha sostituito Toncelli con Grassi, nel quadro del riassetto di Giunta di fine estate. Grassi ha fama di decisionista e da bravo ex “mandarino” della Regione Toscana ha le idee chiare e già vellica una prospettiva nella quale Aamps cesserà di essere gestita in house dal Comune e verrà sussunta da un unico gestore regionale dei Rifiuti con la partecipazione di una newco privata al 40%.; sarà poi attivata la “terza linea” dell’inceneritore del Picchianti e, contestualmente, verrà implementato il cosiddetto Piano Cave di Comune e Provincia di Livorno per attuare il conferimento indiscriminato di “speciali” nelle ex cave del Territorio secondo lo schema autorizzativo di Chetoni già contestato dal Pm Maffeo. Si sta insomma profilando, con il nuovo Trio Cosimi Kutufà Grassi, la prospettiva di una piattaforma energetica livornese al servizio per la Toscana (con un maxi inceneritore di Ato) concepita dal Presidente Rossi durante la campagna elettorale per le elezioni regionali. Inseriamoci anche il gassificatore e il gioco è fatto. Attendendo il “pronunciamento lento “ della Magistratura e lo stress test disposto dalla Provincia di Livorno sulla sostenibilità della cava. Verrebbe da ridere.

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