Caso Ilva, situazione già irrimediabile. Intervento di Tinti

21.08.2012 10:32

Sono state depositate in data odierna, 20 Agosto, le motivazioni del tribunale del Riesame che il 7 Agosto scorso confermò sostanzialmente il decreto di sequestro) disposto per sei aree dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto dal Gip del capoluogo pugliese Patrizia Todisco. Il Tribunale conferma il  sequestro dell'impianto per interrompere la prosecuzione dei reati contestati nel provvedimento cautelare. Sul percorso da seguire per raggiungere gli obiettivi del risanamento e della produzione "in sicurezza" (per i quali l'azienda si è impegnata con il Governo a impiegare 145 milioni di euro) i giudici hanno affidato il compito ai custodi nominati da Gip e Procura di Taranto. Pubblichiamo al riguardo con alcune nostre osservazioni un estratto dell'intervento di Bruno Tinti ("Fatto Quotidiano" del 14 Agosto) sulla questione, apparso qualche ora prima che Mario Monti  inviasse sul posto i suoi emissari Clini e Passera. Una situazione estremamente complessa, cui la Procura di Taranto ha dovuto mettere un punto definitivo (sulla base di perizie inoppugnabili) prima ancora che l'Azienda provvedesse ad azioni di contenimento del danno procurato e la politica disponesse interventi per la bonifica dell'area inquinata. Determinando di fatto un conflitto non solo con l'Azienda, ma anche con l'Esecutivo che solo pochi giorni prima il sequestro aveva aperto i cordoni della borsa decretando un intervento di 365 milioni a favore della Regione Puglia per la bonifica delle aree industriali contaminate. Nell'intervento vengono citati Ferrante (già Presidente di Ilva Taranto e in un primo tempo nominato custode unico dell'impianto) Clini (Ministro Ambiente) e Catricalà (Sottosegretario Presidenza del Consiglio). Riepiloghiamo i fatti. Ilva ammazza, dal 1982, migliaia di persone, tra cittadini e lavoratori negli stabilimenti. La Procura di Taranto, il Gip e il Tribunale della Libertà, fanno quello che possono per evitare che la gente continui a morire. C'è un solo modo: evitare che Ilva continui a spargere veleni. E siccome Ilva non lo fa, lo stabilimento è sequestrato. Ferrante, nominato custode, approfitta di questa sua carica istituzionale per progettare iniziative contrarie alle prescrizioni dei giudici. Quindi è rimosso con un provvedimento giudiziario (n.d.r). I padroni di Ilva, alcuni ministri e sindacati aggrediscono la Magistratura, l'accusano di "insensibilità", eccesso di zelo, protagonismo creatrice di conflitto con la politica. (l'eterno conflitto fra le compatibilità ambientali, per quanto de minimis, che riguardano un'intera collettività e la strumentale e tardiva tutela dei "posti di lavoro" da parte di coloro - politica o azienda - che hanno fatto sempre spallucce di fronte alle prospettive di una serie bonifica ambientale dell'area n.d,r.). Addirittura sproloquiano di veleni micidiali nel passato, ma non più presenti, sicchè nulla osterebbe a riprendere la produzione, ferma restando la necessità di risanamenti da realizzare in contemporanea; e pensano a un conflitto di attribuzioni  contro la Magistratura che, con i suoi provvedimenti, contrasterebbe l'azione del Governo. Padroni e Sindacati, paradossalmente uniti, presentano ricorsi e occupano strade; vogliono che la produzione riprenda. Tra vuoti proclami e accuse ridicole, nessuno (ma proprio nessuno) sottopone alla pubblica opinione i fatti che seguono:

 

Ilva  produce veleno. Lo ha prodotto per 30 anni e continua a produrlo. Così dicono le perizie realizzate nell'incidente probatorio, cui avrebbe potuto intervenire la difesa; che invece non lo ha fatto, non ha contestato, non ha proposto argomenti o soluzioni alternative a quelle dei periti. Silenzio completo. Ferrante e Clini (in particolare quest'ultimo) straparlano di progetti di risanamento, interventi concreti, decreti miracolistici e tutta la solita fuffa propinata da una politica inconcludente. E tuttavia, ammesso che simili baldanzosi propositi abbiano seguito, i risultati si verebbero (se si trovassero i soldi) secondo Clini e Ferrante, in quattro mesi; secondo i periti, in 4 anni. Sicchè, sta di fatto che, se la produzione continuasse, Ilva ammazzerebbe ancora, a dir poco, per i prossimi 4 mesi. L'oggetto del contendere è dunque la VITA delle persone. Ma Catricalà (al pari di quanto aveva fatto Napolitano a riguardo delle intercettazioni "incidentali" relative  alla trattativa Stato-Mafia n.d.r) vuole proporre un "conflitto" avanti alla Corte Costituzionale perchè rimuova gli illegittimi ostacoli frapposti dalla Magistratura al Governo. Si tratta della VITA delle persone; non dell'obbligo di Ilva di procedere al risanamento dello stabilimento. Non è compito dei giudici imporre misure di questo genere; essi infliggono sanzioni per la violazione di norme (per esempio di quelle in materia ambientale e antinfortunistica) e impediscono, con il sequestro, il perpetuarsi dei reati. Se poi la proprietà dello stabilimento non intende adeguare lo stabilimento alle norme di Legge, questo non è un problema della Magistratura. Semplicemente, finchè lo stabilimento non è a norma, li' dentro non si può lavorare. Clini, da parte sua, si arrampica sui muri sostenendo che Ilva ha ammazzato; e che ammazza ancora, ma non poi così tanto. Proponga una Legge che dica che è lecito ammazzare poco. Severino (in una prima fase, n.d.r.) imita Napolitano e chiede gli atti al Gip. Per farne cosa non si sa. Certo il Ministro della Giustizia non può annullarli, nè modificarli. Puo' avviare un procedimento disciplinare, questo si'; il che al momento sembra essere l'attività preferita dalla politica pescata con le mani nel sacco. Sanno, naturalmente, che si tratta di procedimenti infondati, ma confidano nell'intimidazione. E ignorano che i Magistrati non collusi con il Potere non si lasciano intimidire; gli altri, naturalmente, obbediscono spontaneamente. Sfortunatamente, tra i Magistrati che si occupano di Ilva, di questa categoria non ce n'è.   

 

         Bruno Tinti