Trivellatori della democrazia.

05.04.2016 09:17

Che cosa si debba inventare un capo del governo praticamente sciolto da ogni tipo di controllo democratico e mediatico per "sbloccare le opere" è cosa risaputa. Basta sostituire gli organi parlamentari con l'ufficio legislativo di Palazzo Chigi e il gioco è fatto. E' li' che si compie, nella liturgia renziana, la triangolazione decisiva  per recepire in una norma "liberatoria" il perdono fiscale (come fu nella vicenda della "manina" decisiva per alzare le soglie di punibilità della frode fiscale societaria, solo incidentalmente a favore di Berlusconi) o come in questo caso il benestare all'esportazione del greggio trivellato in Lucania, utilizzando le infrastrutture di tratte nazionali. (il prolungamento del porto di Taranto in particolare) che consentiranno al soggetto attuatore di abbattere i costi d'impianto e di decuplicare i propri profitti. Poca o nulla considerazione per le emissioni inquinanti da cui la Puglia è storicamente ferita a morte e di cui la Lucania si avvia a diventare laboratorio sperimentale grazie anche agli auspici della classe dirigente locale filo governativa. Come spesso accade è sufficiente un tratto di penna per modificare le prospettive di un territorio, anche in termini di condizionamento sociale. Il resto lo fa l'utilizzatore finale del provvedimento con la mitologica promessa di posti di lavoro o di benefici calcolati in termini di incremento dell' approvvigionamento energetico a basso costo  con il corredo complementare delle compensazioni finanziarie. Un vecchio abbecedario che noi, vittime incolpevoli del gassificatore marino della Olt o come diavolo si chiama adesso, abbiamo conosciuto assai prima che Renzi, con la sua plebiscitaria ascesa la potere, imprimesse con lo Sblocca Italia una forte accelerazione allo sviluppo delle concessioni petrolifere nel nostro disastrato Paese. Chiaro che se fai così, alzando oltre misura le aspettative degli investitori senza interporre prescrizione alcuna all'uso del suolo, del sottosuolo e dei mari, non puoi non aspettarti una impennata delle pressioni lobbistiche, si chiamino esse Shell e Total. Non esattamente dei soggetti sprovveduti anche nelle arti di generare una sorte di consenso sociale intorno alle ragioni del proprio investimento in perforazioni e trivelle. E' quanto meno singolare, ma non casuale, il fatto che tutto questo si compia in uno scenario totalmente invertito rispetto a quello vissuto (e subito) da noi nell'epoca d'oro dei gassificatori (fortemente voluti peraltro dagli stessi partiti di centro sinistra che oggi scoprono il fossile dopo avere mitizzato la trasformazione del metano). Allora erano i Sindaci, i Presidenti di Provincia, i Presidenti di Regione l'obiettivo preferenziale dei soggetti industriali titolari delle autorizzazioni d'esercizio. Oggi le lobbies puntano direttamente all'Ufficio legislativo di Palazzo Chigi per fare rientrare  dalla finestra quello che bene o male le Commissioni Parlamentari avevano espunto dal testo definitivo del già terrificante Sblocca Italia (un impegno complessivo di 3,4 miliardi di euro). Così si spiega l'inserimento dell'emendamento "petrolifero" nel maxi emendamento alla Legge di Stabilità 2015 grazie ai buoni uffici della Boschi e alla solita "manina" furtiva e decisiva di Renzi. Alla faccia della trasparenza. Se Tempa Rossa si strutturerà con l suo carico di morte ambientale e un modesto saldo occupazionale rispetto a quanto si perderà intorno, insomma, lo si dovrà certamente alle pressioni lobbistiche intermediate dai volti gentili di Federica Guidi  e di Maria Elena Boschi, più che mai recidiva in conflitti d'interesse normativi. Ma anche al disegno accentratore di Renzi in materia energetica con il superamento dei poteri dispositivi concorrenti delle autonomie locali. Una condizione che certamente favorirà l'uso delle trivelle diventando un formidabile inquinante della democrazia.