La scossa

13.06.2016 08:35

VOTI REALI, POLITICA VIRTUALE; LA RISPOSTA DEI CITTADINI ALLA TORSIONE AUTORITARIA.

Non sappiamo se i ballottaggi siano, come forse pensa un Renzi mai così mediaticamente ubiquo, il sale della democrazia. Certo è che, indipendentemente da essi, e dunque dall'elevato tasso di astensionismo che li accompagnerà, la scossa elettorale del primo turno c'è stata. C'è stata non solo e non tanto perchè il partito egemonizzato dal premier (che ne è anche segretario) ha ceduto alcune centinaia di migliaia di voti rispetto alle rilevazioni omogenee più recenti, quanto perchè, soprattutto nelle aree metropolitane, chi è andato a votare ha dimostrato di farlo con la propria testa. Cosa non scontata in un planetario politico dominato dalla grande stampa conformista (cartacea e non) e dalla fuorviante rissa permanente dei social, dove i "dobermann" del Presidente del Consiglio sanno, talvolta con autentiche aggressioni verbali, come interdire la comunicazione e le richieste di verità che emergono dai territori.

CRISI DEI TERRITORI E ABBANDONO DELLE PERIFERIE
Evidentemente, più che l'incessante propaganda governativa su crescita e grandi opere, hanno pesato le condizioni reali delle famiglie e lo stato di abbandono delle periferie, cui l'Uomo al Comando da alcuni mesi promette di trasferire aiuti quantificabili in centinaia di milioni, se non miliardi, di euro. Lo fa con la stessa retorica elargitoria di un Piano Marshall di casa nostra che avrebbe dovuto riguardare il Giubileo decentrato della Misericordia, i campetti di calcio "in ogni paese", le manutenzioni scolastiche, la "cultura", i laboratori di ricerca e infine, ma surrettiziamente, le opere civili connesse alla follia delle Olimpiadi romane del 2024 care ai soliti speculatori coordinati da Montezemolo & Malagò. Un calderone spesso indistinguibile, tirato su come contrappasso dantesco alle spese per "la sicurezza" e alle prerogative governative in materia di gestione dei servizi di intelligence rispetto al rischio incombente del terrorismo continentale.

COMUNI GOVERNATIVI E COMUNI A CINQUE STELLE; LOTTA (MEDIATICA) CONTINUA 
Ma alla fine quei soldi proclamati a reti unificate non arrivano mai. Quando arrivano vengono secretati (si veda il caso De Luca più volte evidenziato da Saviano) e/o diventano appannaggio di qualche potentato che intermedia da par sua la spesa pubblica e la finanza territoriale condizionando il quadro politico del Comune o della Regione di riferimento. Esattamente l'opposto di quanto avviene nei Comuni governati dai 5 Stelle (c'è il rischio che questo accada alla pur brava Virginia Raggi cui auguriamo di farcela), dove le fonti di finanziamento istituzionale vengono isterilite e i sindaci devono "governare" il debito patrimoniale formatosi negli anni nelle casse comunali e soprattutto nel pozzo senza fondo delle società controllate. Dovendosi talvolta rivolgere alla Magistratura civile (come è accaduto a Livorno tra le proteste generali) per "concordarne" lo stato di uscita dall' insolvenza nel quadro di una procedura concorsuale preventiva rispetta all'ipotesi drammatica del fallimento. Salvo poi (come sta accadendo allo stesso sindaco Nogarin) vedersi recapitare una comunicazione giudiziaria (parto complesso di cupole locali strutturate) che potrebbe essere anche il prodromo di una paradossale incriminazione penale e della relativa, definitiva delegittimazione politica. Al resto pensano poi i "dobermann" renziani con le infamie spedite via Tweet e raccolte entusiasticamente dalle testate locali del gruppo l'Espresso Sorgenia. Tutto questo per modificare dall'esterno, con tipica velleità renziana, il quadro politico bene o male voluto dai cittadini.

LE RIFORME FORSE FANNO RISPARMIARE, MA NON DANNO LAVORO
E' dunque stupefacente che nonostante questo scenario quanto meno antagonistico, gli elettori scelgano in buon numero di votare con la propria testa misurando sulla propria condizione personale e sociale gli effetti reali del contratto" riforme contro flessibilità" costruito dal duo Renzi Padoan per entrare col lanciafiamme anche in Europa. Ma mal gliene incolse, fino a questo momento, perchè la messe di miliardi raccolta in Europa per finanziare a debito gli 80 euro e il jobs act, (per non parlare dell'abolizione di Imu e Tasi) non ha evidentemente nè incrementato i consumi, nè fluidificato il mercato del lavoro. Ed anzi ha drammatizzato la condizione di coloro che scivolano nelle situazioni di povertà conclamata, i cosiddetti incapienti, dopo avere subito il pignoramento dei propri averi. Ma l'Uomo al Comando tira diritto non prestando attenzione, nel suo infinito tour mediatico sul referendum confermativo di ottobre, al fatto che, Pd o non Pd, il voto locale è comunque espressione di territori in sofferenza, dove si producono gli effetti nascosti della crisi fiscale dello Stato e quelli perversi di una spending review che ha interessato prevalentemente i budget della sanità regionale e dei Comuni. E dove il voto appare sempre meno controllabile, specie quando i cittadini tornano a votare e lo fanno con la propria testa. Nonostante gli innumerevoli motivi per non farlo. E' da sperare che questo accada anche ai ballottaggi del 19 giugno.