Il dibattito sulla Legge elettorale

05.01.2017 14:44

Emanuele Rossi, come professore di diritto costituzionale, sostiene su il Tirreno che è opportuno lavorare fin da subito alla legge elettorale. E conclude con una previsione condivisibile, anche se espressa con eccesso di cautela: “la retorica del Governo eletto la sera delle elezioni possiamo scordarcela (e non è detto che ciò sia un male)”. Il mettersi subito al lavoro è quasi ovvio, visto che è contrario solo chi vuol far passare il tempo così da non votare prima dell’autunno (un tatticismo senza progetto, dato che l’appuntamento con i cittadini resta per fortuna inevitabile entro 14 mesi). Ciò però non significa che una nuova  legge elettorale sia una pura formalità da sbrigare come capita.  Resta un lavoro da fare al meglio e alla luce del sole. Sotto questo profilo, trovo quanto meno molto traballante un argomento usato dal prof. Rossi: “occorre ricordare che il referendum ha bocciato il parlamento (e tra tutte le analisi possibili del voto, questa è indiscutibile): pertanto non vi è dubbio che ricorrano le condizioni per uno scioglimento anticipato delle camere”. In una democrazia parlamentare il referendum non è mai sul Parlamento. E’ solo per giudicare una legge, ordinaria o costituzionale, votata in Parlamento. Completa il disegno della cultura liberale , che garantisce sempre il raccordarsi dei meccanismi istituzionali con la sovranità del cittadino. E  allo stesso tempo, evita che raccordarsi significhi confondere le funzioni dei vari organi. Il grande successo del NO non ha bocciato né il governo Renzi (che non era tenuto a dimettersi e che lo ha fatto perché lo aveva annunciato fin dalla primavera scorsa) né tanto meno le Camere che avevano votato legittimamente una legge (la pretesa che ogni scelta parlamentare sia approvata dai cittadini risulta estranea alla logica della democrazia rappresentativa liberale).   Il grande successo del NO ha solo bocciato quella legge, come proposta di riforma costituzionale scritta malissimo che restringeva di fatto l’area di sovranità dei cittadini, complicando gravemente i meccanismi parlamentari. E’ stato il trionfo della  politica e non dell’antipolitica, come gridano i populisti. Sventato il tentativo oligarchico, nell’affrontare la redazione della nuova legge elettorale, sarebbe un errore ripartire  da concezioni semplicistiche e costituzionalmente non fondate. La conseguenza sarebbe ancora una volta la ricerca di scorciatoie illiberali per favorire la governabilità rispetto alla rappresentatività, ripetendo alla rovescia l’errore secondo cui per decenni è stata favorita la rappresentatività rispetto alla governabilità.  Per di più la redazione  non parte da zero ma dai fatti. E già esistono ipotesi di meccanismi elettorali. A cominciare da quello della Camera eletta con maggioritario di collegio in 475 collegi, con 90 seggi assegnati alla prima coalizione, 30 alla seconda, 23 alle liste con non più del 2% (oltre i 12 seggi per gli italiani all’estero).

 

Raffaello Morelli