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Nella terra dei conflitti di interesse (non solo quello berlusconiano) e dei sottrattori di bene pubblico (oltrechè dei simulatori di verità)..., dove lo spreco si confonde con la miseria, dove non sai mai quello che ti capita... ma ormai ci sei abituato... e se capita non ti meravigli più, dove per vincere una battaglia non occorre coraggio ma capacità economica.... abbiamo deciso (vestendo tutto il coraggio possibile) di andare contro corrente e di mettere a nudo realtà spesso soffocate dai giochi di potere in grado di pilotare l'informazione direzionandola un po' qua, un po la, ma mai dove realmente e in maniera trasparente dovrebbe andare.

La nostra esperienza nel mondo civile ci ha permesso di affrontare varie argomentazioni e documentarle con video, immagini e commenti audio.

 

In questo sito potrete rendervi conto personalmente di quanto possa essere facile "non dire" cose sconvenienti e sostituirle con frasi di eccellenza che attirano popolarità e deviano l'attenzione.

 

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Articoli

Nogarin e la politica liquida: il tempo che stringe

13.01.2016 09:55

NOGARIN DA' LE CARTE  

Il sindaco di Livorno Nogarin tenta di uscire dall'angolo di numeri preoccupanti proponendo un allargamento della propria maggioranza. Lo fa alla vigilia di scelte decisive per la Città di Livorno, da molti anni nella morsa di una crisi affliggente e selettiva che sta facendo vittime numerose e soprattutto silenziose. Lo fa riannodando i fili della sua stessa elezione, frutto di indiscutibile intelligenza politica. Lo fa cercando di recuperare lo "spirito" del ballottaggio, magari tentando di scriminare il grano dal loglio, cioè il consenso opportunistico da quello qualificato dai programmi e da un autentico spirito civico. Lo fa sfidando, in taluni frangenti, la leadership nazionale e la confusa base territoriale del suo stesso Movimento, cui come noto fanno difetto esperienza ed effettiva conoscenza dei problemi. Un calderone spesso folkloristico dal quale ogni tanto escono fuori buone idee, ma anche conflitti e irriducibili rancori personali. Soprattutto nei confronti dello stesso Nogarin. Una situazione assurda e del tutto impolitica di cui il Sindaco potrebbe suo malgrado fare le spese sul piano dei numeri di governo.

LA CAMERA IPERBARICA 

Un po' lo specchio di una città che per moltissimi anni è rimasta chiusa in una camera iperbarica, mentre non più di trenta persone si occupavano per via bancaria di salvataggi finanziari (prorogando l'agonia di aziende che consolidavano politicamente debiti) o per via comunale di azzardate trasformazioni urbane, come quella del fronte mare, di cui ha fatto le spese nel silenzio generale e la collaborazione della Cgil locale (oggi sulle barricate per Aamps) tutto l'indotto delle riparazioni navali. Era insomma scontato che, una volta uscita dalla camera iperbarica, la città demolisse l'ancient regime. Un po' meno scontato che a 18 mesi dal suo insediamento il nuovo Sindaco, che pure ha commesso molti errori di valutazione, riscoprisse le virtù della politica liquida e cercasse all'esterno (e dunque tra le forze civiche e progressiste) il propellente per portare a compimento il suo mandato. A queste ultime, che rispettiamo, non chiediamo di fare contratti al buio, ma quanto meno di non infilarsi nel terreno aperto dai rancori personali per fare fuori Nogarin. Sia chiaro che nella camera iperbarica noi non vogliamo ritornare. Anche perchè gli scarti umani di questa fase di politica economica (che a Livorno sono in gran numero e che probabilmente nel giugno 2014 hanno votato per il cambiamento) non capirebbero.

LA CRISI, LA CITTA',  LE SILENZIOSE VITTIME SOCIALI E IL CONFLITTO APERTO COL PD DI RENZI

La sensazione evidente è infatti che, in mancanza di segnali autorevoli di governo locale, alle vittime sociali della congiuntura economica che ha colpito il settore industriale e su piani diversi quello artigianale (riparatori compresi) non resterebbe che affollare gli sportelli previdenziali per cercare di esorcizzare gli effetti drammaticamente dilatori della Legge Fornero. Della cui riforma il Caudillo di Rignano sul'Arno si è come noto scientemente disinteressato, al pari della Sinistra, per favorire, con il taglio della tassazione immobiliare, la "rinascita pilotata" del ceto medio impoverito e il progressivo depauperamento finanziario dei Comuni. Una condizione di status che certamente non rallenta comunque il ricorso al "Comune " come sportello di prossimità. Il deserto rosso dell'Area industriale del Picchianti, ulcerata dai forni dell'inceneritore e abbandonata a se stessa, sta li' plasticamente a dimostrarlo. Al pari di quanto sta avvenendo nel girone dantesco di Via Enriques, dove un tempo insistevano gli stabilimenti leader della componentistica auto. Un'economia a pezzi, ma quanto meno il "sollievo" (per ex imprenditori, operai e impiegati espulsi da quel processo produttivo e con mutui a carico) di non pagare Tasi e forse neanche Imu. Questa la carta placebo giocata dal Governo, e in buona sostanza dal Pd, per anestetizzare il dolore della crisi. Specie nei distretti, come quello livornese, dove i quadri non portuali tornano in città il venerdi sera dopo una settimana di lavoro trascorsa in giro per il mondo e gli operai, settimana natural durante, assediano l'Inps territoriale per integrare le proprie rendite immobiliari con il trattamento di disoccupazione o un minimo di contribuzione volontaria. Effetto plastico di quel paradossale cocktail del benessere "trasversale ai ceti" fortemente perseguito da Renzi per spengere sul nascere il conflitto sociale. E che un commissariamento prefettizio del Comune (dopo quelli del Porto e della Asl) integrerebbe alla grande generando la morte definitiva della politica.

UNA CITTA' COMMISSARIATA

Come ricomporre i tasselli di questo disastro? Solo con i finanziamenti regionali? Solo affidandosi al cilindro generoso dell'astuto Lotti, il principale collaboratore del premier escamisado di Rignano sull'Arno, che già è intervenuto con discutibili modalità per ricomporre i pezzi della call center di Guasticce? Certamente si, se Nogarin se ne dovesse andare con il contributo più o meno corale (e magari corredato da innominabili sgambetti istituzionali) delle opposizioni progressiste. E a giovarsene non sarebbero certamente gli ormai 20.000 disoccupati freschi di rottamazione che presidano inutilmente il territorio. Con lo spettro della mobilità in esaurimento.

IL CASO AAMPS

Molto inferiore infatti la capacità di persuasione di questi ceti sulla gestione politica rispetto a quella, per fare un esempio, dei precari internalizzati di Aamps, una agguerrita guarnigione di operatori ecologici che cercano una stabilizzazione giuridicamente incompatibile con il risanamento finanziario dell'Azienda affidato (sindaci revisori permettendo) alle cure del Tribunale fallimentare (era l'ora). Se Aamps riuscirà a trovare le risorse per prenotare il concordato, cosa non scontata, le forze progressiste dovrebbero cooperare perchè un buon piano industriale (magari condiviso e non edito da qualche presunto esperto di giornata) vada a sostanziare i contenuti del piano concordatario. Siamo infatti convinti (ma è solo un'opinione) che le stabilizzazioni debbano essere effetto del doveroso risanamento finanziario. Ma questo ovviamente non esclude che i contratti annuali, legati a servizi di pubblica utilità, possano e debbano essere rinnovati quanto meno nelle more della sentenza di omologa del concordato se quando verrà trovato un accordo equo con il ceto creditorio. Se e quando, naturalmente, un giudice stabilirà, nell'arco di 120 giorni dalla pubblicazione della prenotazione nel registro delle Imprese, che la procedura potrà essere regolarmente ottemperata.

UN PROGRAMMA PER UN BIENNIO

In questa declinante condizione di contesto non è chiaramente in ballo la copertina di uno stile di governo, quanto la capacità di fare barra a dritta sui problemi cercando di ridurre i danni collaterali della crisi e delle politiche clientelari (e/o a livello aziendale in deficit spending) di un passato che è appena dietro le spalle. Può farcela in tutto questo un Comune con ridotte capacità di spesa e una programmazione suo malgrado di corto respiro? Può farcela un'amministrazione a investire risorse importanti nel recupero urbano (capitale fisso) e nello stesso tempo a sostenere reti di supporto all'investimento tecnologico e industriale (capitale mobile e sociale)? Può farcela a non "promettere" fragile occupazione nel breve, ma a prevedere percorsi che garantiscano a tutti una progressiva e qualificata ricollocazione nel mercato del lavoro? Un Comune serio può farcela a condizione che scelga una narrazione non elusiva e rimetta in gioco, con procedure di evidenza rigorosamente pubblica, le sue aree, le sue reti logistiche, i suoi patrimoni. Benvenga la politica liquida, se serve a migliorare condizioni di equità sociale e di trasparenza amministrativa. Una sfida da cogliere in tempi brevi. L'alternativa sarebbe  un mesto e definitivo ritorno nella camera iperbarica.

Il video dell'anno: la parabola di Otis Johnson

23.12.2015 23:05

 

 

Esce dal carcere dopo 44 anni 
«Quanto è bello essere libero»

 

Otis Johnson è stato arrestato nel 1975 con l’accusa di avere tentato di uccidere un poliziotto. Aveva solo 25 anni. 44 anni dopo, Otis è uscito di prigione, ma nel frattempo il mondo che conosceva è cambiato radicalmente. Quasi settantenne, fa fatica ad abituarsi alle nuove tecnologie, ai nuovi comportamenti, ai nuovi cibi. In un certo senso, tutto è nuovo, per lui. Ora abita a New York, è solo, ma ama osservare le persone. Al Jazeera English lo ha seguito per una giornata intera e ha realizzato un’intervista. Nelle sue parole si intrecciano solitudini, nostalgie, curiosità. Ma c’è anche il desiderio di riappropriarsi di un’esistenza normale. Sono le parole di chi torna nella società, dopo una pausa durata quasi mezzo secolo.

Otis Johnson ha un’espressione mite. Guarda con un misto di sorpresa e incredulità verso le vetrine di un negozio, a Times Square. Sorride come se trovasse assurdo quello che vede: «Sulle finestre? Non c’era niente così, prima. Vedevi il riflesso delle persone, non dei video. Sono stato fermo qui per un bel po’ di tempo, per guardare questa pazza confusione». Johnson scuote un po’ la testa. Crazy stuff , «roba pazzesca», è un’espressione che usa molto spesso.

«Mi chiamo Otis Johnson, sono entrato in prigione quando avevo 25 anni. Sono andato in prigione per avere tentato di uccidere un poliziotto. La prigione mi ha influenzato molto. Il mio rientro nel mondo è stato un po’ difficile all’inizio, perché le cose sono cambiate. Sono sceso a Times Square e ho osservato l’atmosfera. Ho guardato quello che succedeva e sembrava che la maggior parte delle persone parlasse con se stessa. Allora ho guardato più vicino e sembrava che avessero delle cose nelle orecchie. Non so, quelle cose del telefono? Iphone li chiamano, o qualcosa del genere? E ho pensato che tutti fossero diventati della CIA o agenti o qualcosa del genere. Perché è l’unica cosa a cui ho potuto pensare. Qualcuno camminava con i fili nelle orecchie. Questo è quello che avevano quando ero fuori, negli anni Sessanta e Settanta [si riferisce probabilmente agli agenti CIA, ndr]. E  qualche persona non guarda nemmeno dove va. Quindi sto cercando di capire come ci riescono, a controllarsi mentre camminano e parlano al telefono, senza neanche guardare la strada. È straordinario».

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«Mi ricordo di questo [un telefono pubblico], quando ero appena uscito. Stavo cercando di fare una chiamata. Poi ho visto quello, che funziona con un dollaro. Costava 25 centesimi, prima. Quando ho girato per le strade ho scoperto che non lo usano».

«Sono abituato a stare da solo. Ma mi piacciono molto gli autobus, perché vedi varie cose e entri in contatto con meno persone. Sai, ti scontri con la gente quando sei sulla metropolitana, perché il treno è affollato. Il bus non è così pieno. Anche se è affollato, c’è abbastanza spazio per parlare con qualcuno o ascoltare quello che succede alle altre famiglie».

«Essere nella società dà una bella sensazione. Una sensazione molto bella, sai? Diversa dall’essere in prigione. Puoi andare fuori solo in determinati momenti. Quindi mi piace stare al sole e anche osservare le persone. È bello. È bello essere libero».

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«Nel 1998 circa ho perso contatto con la mia famiglia. Fuori dalla prigione sono quasi sempre solo. Non ho un certificato di nascita. Non ho una famiglia, una fidanzata, sorelle, fratelli. Non posso parlare con nessuno di quelli che avevo, anni fa. Mi dispiace davvero tanto, perché mi manca molto la mia famiglia. Ricordo che avevo due nipoti ed erano gemelle. Ricordo che ogni volta che andavo a trovarle mi correvano incontro e una si metteva dietro di me e si nascondeva. E l’altra cercava la sorella. Allora mi spostavo un po’, così una gemella poteva vedere l’altra e quella che si nascondeva diceva : “Mi hai beccato!” Me lo ricordo ancora. Mi piacevano molto i bambini ed è uno dei buoni ricordi che ho».

«Mangio cose diverse ora, perché guardo questi alimenti strani che hanno e così li provo, ogni tanto. Faccio cene divertenti. Ci sono tante bevande colorate, come le chiamate? Il gator-qualcosa. Rosa, blu, tutti questi colori differenti, così ho cominciato a bere quelli, ogni tanto. Solo perché sembrano divertenti. Ci sono così tante cose che puoi mangiare. È una scelta difficile scegliere il cibo che vuoi veramente. Ad esempio, il burro d’arachidi. C’è la gelatina dentro e non ho mai visto una cosa del genere, prima. Di certo non c’era in prigione. Burro d’arachidi e gelatina nello stesso barattolo? Era molto strano. E questo? [Prende un barattolo dallo scaffale di un supermercato] Anni Sessanta. Skippy’s è ancora in giro. Quando non ho niente da fare, magari intorno alle sei di sera, finché fuori fa bel tempo, esco e vado al parco. Solo per meditare. Devo lasciare le cose come sono, perché legarmi alla rabbia fermerebbe la mia crescita e il mio sviluppo. Molte persone dicono che la società mi deve qualcosa, nonostante quello che ho commesso in passato. Io non la penso così. La società non mi deve niente. Tutto accade per una ragione, io credo. Così lascio andare le cose come vanno e mi occupo del futuro, anziché occuparmi del passato. Cerco di non andare indietro, cerco di andare avanti. In questo modo sopravvivo nella società».

Aamps Livorno, cronache di un fallimento annunciato

07.12.2015 13:14

 

Parigi

18.11.2015 09:03

https://www.repubblica.it/esteri/2015/11/16/foto/parigi_il_primo_post_del_bataclan_dopo_la_strage-127492667/#1

Tempi duri/4: Sospendere il Giubileo

16.11.2015 10:42

Condividiamo chi afferma che il Giubileo vada rinviato o addirittura annullato. Lo avevamo già detto qui sotto quando l'evento era stato segnalato dalla propaganda permanente di Palazzo Chigi per evocare una più generale occasione di riscatto per la città di Roma. Un rilancio da cartolina, da farsi "religiosamente" sotto l'alto Patronato dei due commissari governativi ad acta, Gabrielli e Tronca, cui nelle ultime settimane il Governo, dopo avere latitato con lo sfortunato Marino, non ha lesinato cospicui aiuti finanziari fino all'ultima trovata del Decreto "Happy Days". Nelle pieghe di questo provvedimento, che ha visto la luce pochi minuti prima della strage di Parigi, è stata prevista una pioggia di milioni, circa 150, per un fantomatico dopo Expo e ulteriori 200, dopo gli 80 iniziali, appunto per le opere di sistemazione logistica della Città di Roma in previsione dell'anno giubilare. Da tempo infatti nella mistica renziana e della triade collegata di Via Solferino (Mieli Severgnini Cazzullo) il modello Expo, oltre a sostituire la ratio della Costituzione Repubblicana, basata come noto sul bilanciamento dei poteri, dovrebbe servire per governare eventi con un altissimo concentramento territoriale di visitatori, fedeli o semplici curiosi. Tutta gente da rassicurare e da mettere preventivamente al riparo da ogni pericoloso sentimento di paura. Tutta gente da mettere in fila, insomma. L'attacco di Parigi, peraltro  prevedibile dopo le azioni di guerra transalpine in Siria, ha ovviamente mischiato le carte. Dimostrando come Isis sappia selezionare i propri obiettivi con scrupolo mediatico e quella "geometrica potenza" che abbiamo già subito nella stagione del terrorismo nazionale. Infischiandosene ovviamente delle vite umane per alzare la soglia ambientale del terrore. Affermare, come fanno alcuni prelati e la stessa Pinotti, suo malgrado Ministro della Difesa, che il Giubileo è una straordinaria occasione per "non dargliela vinta", è una emerita schiocchezza. Si tratta allora di smetterla di minimizzare e di soffiare nelle vele di quell'ottimismo di cui si nutre stoltamente il "modello expo". Non è una questione di "paura", nè di arretramento rispetto alla campagna di terrore del Califfato. Ma di profondo rispetto nei confronti di un Paese e in particolare dei cittadini di Roma (e non solo) che nello spazio di un mattino si troverebbero centrifugati dalla necessità organizzativa di contrastare la benchè minima ipotesi di attentato terroristico contro tutti gli obiettivi sensibili della vita quotidiana. La militarizzazione della capitale per garantire l'incolumità dei pellegrini, insomma. C'è qualcosa che non quadra in questa proporzione pur dando atto che le libertà di culto vanno garantite. Purtroppo allo stato attuale delle cose, il braccio armato di Isis si muove come e quando vuole, sfruttando la propaganda del web ed una ramificazione militare che in Europa mette a nudo ogni giorno di più la debolezza e la mediocrità strategica dei Governi Nazionali di fronte al tema della prevenzione del terrore. Quando poi si mettono nel mirino gli stadi, i teatri o le piazze allora è allarme rosso. Noi questa cosa l'abbiamo già vissuta (a Roma e a Firenze) tra il 92 e il 93 con la stagione mafiosa del terrore. Qualcuno parli al Papa. Incredibile che non l'abbia fatto ancora nessuno.

Tempi duri/3:Gli esodati, Mieli e Corradino Mineo.

07.11.2015 18:09

Ci attendevamo che qualche esponente del variegato fronte progressista, oggi letteralmente disarmato dagli ukase renziani, "chiedesse le scuse" a Paolo Mieli, che nel corso di un intervento pubblico (ripreso da un video del Fatto) ha voluto dire la sua sul dramma esodati. Un dramma non solo umano, ma anche finanziario visto il costo sociale delle sette salvaguardie "di riparazione" che i governi post-montiani si sono dovuti inventare per porre fine a questo eterno slittamento dei requisiti pensionistici che ha colpito loro malgrado i rottamati del settore industriale e bancario. Ebbene, un non più lucidissimo Mieli ha dichiarato  che si è certamente trattato di un errore, di una virgola sfuggita alle magistrali previsioni della Fornero. Un segmento insignificante della manovra pensionistica 2011/2012 che non può motivare un accanimento quasi personale contro l'ex Ministro. Ora, sappiamo che la crescita in salsa renziana si nutre anche, se non soprattutto, di rottamazione, ma non era pensabile che tutto questo potesse compiersi con la silenziosa complicità della sinistra democratica. Quest'ultima infatti ha da tempo mollato i pappafichi del fisco e della previdenza delegando l'intera materia a Salvini. Tant'è che a richiamare gli incompiuti provvedimenti sugli esodati è paradossalmente lo stesso presidente dell'Inps Boeri, cui il Governo ha bocciato una trattazione organica della materia. Ecco perchè oggi uno come Mieli, grande sponsor dell'epopea montiana e poi renziana, può parlare a ruota libera mentre la sinistra tace. E magari quest'ultima "le scuse" le chiede per una dichiarazione impolitica e sopra le righe a Corradino Mineo, un galantuomo che nel giugno 2014 fu rimosso dalla Commissione Affari Istituzionali del Senato perchè non intralciasse l'iter della presunta riforma costituzionale. Autori del delitto, fra gli altri, Zanda, il bersaniano Migliavacca e l'ineffabile Stefano Esposito, il renziano dell'ex Giunta Marino.

Tempi cupi/2 Un Paese commissariato dai prefetti.

07.11.2015 12:36

Abbiamo ascoltato l'ex Presidente del Consiglio Comunale di Roma Valeria Baglio parlare di una "scossa" per la città di Roma. Lo ha detto poco prima di sottoscrivere l'atto di morte della sindacatura Marino, su commissione di Palazzo Chigi previa autorizzazione di quell'uomo politico dalla vista lunga che è Matteo Orfini. Ora, la Baglio, nella sua veste istituzionale prima che politica, avrebbe dovuto astenersi dal gesto se non altro perché le Istituzioni locali appartengono a tutti i cittadini e non ad una sola parte politica. Quella parte politica che oltretutto ha utilizzato i propri eletti, con la collaborazione bipartisan di altri, per consumare il delitto Marino, sindaco forse discutibile e naif, ma comunque proiettato in Campidoglio da una primaria del Pd e poi dal voto diretto dei cittadini. Per noi Marino si doveva dimettere molto prima, come descrive Ingroia qua sotto. Semplicemente perchè quando sulla amministrazione pubblica incombe il "mondo di mezzo", il sistema politico deve potersi mettere in discussione per un principio elementare di precauzione e di rispetto nei confronti dei cittadini che rischiano di finanziare la mafia/le mafie pagando in buona fede fior di tributi e tariffe. Ma Marino è stato tenuto a galla dalla stessa forza politica che poi in modo spettacolare e cinico lo ha scaricato. Verrebbe da dire che in poche mosse Renzi ha sconfessato se stesso, lui che al premierato illegittimo di oggi è arrivato sul Frecciarossa delle primarie aperte del Pd dopo essersi celebrato come incontrastato podestà (anche contabile) di Firenze. Ma si sa, Renzi mal sopporta il controllo amministrativo e forse sarà per questo che, paradossalmente, indica in Prefetti e Commissari di nomina governativa (con i relativi dream team) gli unici artefici possibili di una "scossa" benefica per le illusioni di un Paese tecnicamente borderline.. Confondendo una volta di più le acque con successi sportivi individuali, Expo di dubbia utiilità (4,2miliardi il costo complessivo delle opere pari a quello del taglio dell'Imu 2015, del costo annuo degli sgravi contributivi del  jobs act  e del prestito di Monti alla sopravvivenza del Monte dei Paschi), candidature alle Olimpiadi e addirittura Giubilei  di estrazione papale di cui francamente in pochi (anche alla luce degli scandali di area vaticana) sentivano il bisogno.

Tempi cupi/1 Le dieci domande di Ingroia a Ignazio Marino

16.06.2015 20:14

1) Ritieni che il compito di un sindaco di una grande città possa limitarsi a plaudire alle iniziative della magistratura quando gli arrestano compagni di partito e assessori da lui nominati?

2) Pensi davvero che basti nominare assessore alla legalità un magistrato di esperienza come Sabella per risolvere una volta per tutte i problemi di illegalità e trasparenza delle istituzioni capitoline?

3) Ritieni, tanto per fare un esempio, che il ripristino della legalità possa limitarsi ad abbattere in favore di telecamere i cancelli di un paio di stabilimenti balneari sul litorale di Ostia?

4) Non credi invece che un sindaco debba usare ogni strumento politico e amministrativo per anticipare e prevenire l’intervento della magistratura? E che un’indagine così importante e devastante, come questa della Procura di Roma, segni un’altra supplenza giudiziaria a causa dell’ennesimo fallimento della politica?

5) Non ritieni che sia dovere di un sindaco ascoltare esperienze e suggerimenti come quelli che il dott. Sebastiani offriva?

6) Non pensi che tanti scandali giudiziari potevano essere prevenuti se tu avessi fatto tesoro della sua denuncia e della sua esperienza per cambiare la macchina comunale e certi meccanismi perversi delle municipalizzate romane?

7) E ancora, perché non ti sei mai davvero attivato per istituire una commissione comunale antimafia anche a Roma, sul solco di esperienze maturate in altre città, tra tutte Milano e Torino, così come ti eri impegnato durante la campagna elettorale?

8) Non credi che la responsabiltà politica debba agire secondo parametri e criteri del tutto autonomie indipendenti rispetto alla responsabilità penale?

9) Insomma, non ritieni di avere commesso troppi errori politici, anche di sottovalutazione del rischio mafia, sicché la tua incontestabile onestà non può cancellare la tua responsabilità politica?

10)Non credi, infine, che tutte queste siano domande ineludibili alle quali devi rispondere davanti ai cittadini di Roma?

 

Canti orfinici: come spostare l'attenzione da Mafia Capitale al clan di Ostia

11.06.2015 08:38

 

Voto toscano, l'irrilevanza della partecipazione.

29.05.2015 16:42

L'ETERNO PRESENTE DELLA DOLCE TOSCANA 

La Toscana vota, ma in fondo chi se ne importa. Questo è l'adagio su cui si potrebbero spegnere anzitempo gli antichi entusiasmi della Regione Toscana e organismi (e professori) collegati verso ogni forma, anche la più capillare, di partecipazione politica. In tempi passati, ma non poi così tanto, fu varata una Legge Regionale di un certo interesse (quella sulla "Partecipazione", appunto) che avrebbe dovuto moderare il decisionismo degli amministratori rispetto alla progettazione e alla costruzione di Grandi Opere invasive  in un territorio per sua natura costiero, vallonato e a forte rischio idrogeologico. Per stessa ammissione del suo ispiratore, il Prof. Massimo Morisi, quella Legge è stata sistematicamente boicottata e più volte sacrificata sull'altare della politica "del fare". In ballo ci sono cosette da niente come il prolungamento della pista dell'aeroporto di Peretola e il sottoattraversamento fiorentino della Tav, tutti interventi che hanno subito una impressionante accelerazione grazie alla mediazione culturale e finanziaria (si fa per dire) del governo Renzi. Ma in ballo ci sono anche, per analogia, lo stesso "raddoppio" dell'Aereoporto fiorentino, l'annuncio più volte rinviato dei cantieri autostradali della Tirrenica e gli affabulatori finanziamenti regionali alla Maxi Darsena Europa di Livorno, su cui Enrico Rossi ha agito facendo un abile gioco di squadra con il Commissario del Porto di Livorno, l'inamovibile avvocato genovese Giuliano Gallanti, e la cortese collaborazione mediatica de "Il Tirreno" di Livorno.. 

 

IL DOPPIO BINARIO DI ROSSI

Enrico Rossi, che su Facebook ha lanciato campagne umanitarie a favore dei derelitti e degli emarginati tanto per salvaguardare un lembo della sua cultura di provenienza e ipotecare così la gestione politica di un pezzo importante di spesa pubblica, ha cercato di costruire su questo doppio binario la sua "nuova candidatura", mettendosi perfettamente in linea peraltro con il  sentimento  di quella parte di popolazione che si accontenta di "vedere i fatti" senza doversi per questo assumere la responsabilità di una partecipazione "di controllo" sugli atti di governo o di una verifica preventiva sul profilo etico di una candidatura.

 

LA NEUTRALIZZAZIONE DELLA POLITICA DA OGNI IPOTESI GIUDIZIARIA

E', in fondo, la stessa deriva di ritorno che suggerisce all'amministratore indagato (come nel caso dello stesso Rossi per le vicende del buco dell'Asl di Massa) o addirittura condannato in primo grado (come nel caso di De Luca in Campania per la vicenda legata all'autorizzazione ambientale di un termovalorizzatore) di tagliare con un tweet il burro imbarazzante dell'inopportunità a ripresentarsi in campo mentre è in essere una complessa vicenda giudiziaria che lo riguarda. E che potrebbe determinarne, come hanno deliberato le Sezioni Civili Unite di Cassazione a proposito dell'applicazione della Legge Severino, l'automatica decadenza dalla funzione elettiva in caso di sopravvenuto pronunciamento di una condanna penale. Salvo ovviamente un intervento riparatore e dilatorio del Governo (come potrebbe avvenire per De Luca, già condannato e poi rimesso al suo posto dal Tar, incompetente però a decidere) che porterebbe all'ennesimo grado (e in forme eversive) il conflitto fra la politica politicante e la giurisdizione ordinaria.

 

LA PUREZZA DELL'INVESTITURA POPOLARE.

Ciò che rileva, per questo tipo di filosofia, è in sostanza l'investitura popolare. Un'investitura "riabilitatrice" che rievoca quel passaggio craxiano secondo il quale la dimensione politica sarebbe per sua natura immune da responsabilità penale. E non importa che l'investitura venga da primarie "aperte a tutti" (dunque anche ai criminali oltreché ai non aventi diritto al voto in una consultazione  politico e/o amministrativa) o da elezioni in cui a farla da padrone sarà con tutta probabilità l'"evitamento" delle urne. Un riflesso quasi condizionato per consentire al candidato Governatore più organizzato di raggiungere il massimo risultato (cioè la vittoria "asfaltatrice" per dirla con Renzi) con il minimo sforzo (cioè al punto più basso di consenso reale nella Regione di riferimento). Anche l'astensione insomma, in questo contesto, e per paradosso, può diventare funzione di governo, sia pure con effetto differito. Specie quando si tratti di autorizzare Grandi Opere o selezionare spesa pubblica.

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01.01.2018 13:35
Le elezioni politiche sono un atto di grande rilievo per le scelte del convivere. In più, quelle di marzo hanno due specificità insolite: una legge elettorale nuova di zecca e le forze politiche più grosse distribuite in tre scaglioni di grandezza non troppo divaricati. Le due specificità congiunte...

I cittadini e il Porto oltre le chiacchiere: il Bando Livorno delle Diversità

03.10.2017 09:01
Simona Corradini, architetto con molteplici interessi che muovono intorno alla riqualificazione urbana della città di Livorno, è una fra i promotori del progetto Livorno Città delle diversità. Una iniziativa di spessore, animata da operatori ed esperienze della società civile livornese, che intende...

La giostra delle aste immobiliari

26.09.2017 09:34
La novità nel testo di legge di riforma del processo civile: dopo 3 esperimenti, il 4 tentativo è a prezzo libero e, in caso di mancata partecipazione, il pignoramento immobiliare si estingue. Novità importanti per chi ha la casa pignorata: nella riforma del processo civile (leggi: “Ecco il...
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